Claudio Fontanini
«Erano anni che avevo in mente questo testo e finalmente ho deciso di affrontarlo». Per il suo ritorno alle scene teatrali, Valeria DObici ha scelto un testo coraggioso e impegnativo, quel Night Mother (Buonanotte mamma) grazie al quale nel 1983 la scrittrice Marsha Norman conquistò il Premio Pulitzer. Trasportato nel 1986 sul grande schermo (regia di Tom Moore e interpretazioni di Sissy Spacek e Anne Bancroft) e con un grande precedente teatrale italiano (la celebre edizione del Piccolo di Milano con Lina Volonghi e Giulia Lazzarini), Buonanotte mamma, atto unico in tempo reale, è uno spietato e coinvolgente dramma da camera nel quale si confrontano, senza esclusione di colpi, una vecchia madre (Valeria DObici, qui anche regista) e una figlia epilettica (Claudia Muzii) che le annuncia limminente suicidio. In un clima di banale quotidianità (scene e costumi di Claudia Giammona) ecco farsi largo loscuro malessere e la tragedia di una coppia di donne vissute inconsapevolmente allombra luna dellaltra. Con un matrimonio fallito alle spalle, un figlio tossicodipendente a carico e la minaccia invisibile del male, la figlia, convinta del proprio fallimento esistenziale, «invita» la genitrice alla sua più intima confessione in un corpo a corpo di anime inquiete che forse sapranno avvicinarsi proprio nel momento delladdio. Un matrimonio senza amore (quello della madre) e la disperata lucidità della figlia, lingenua illusione del cambiamento di prospettiva e una malattia da nascondere, dolore e sentimenti, rassegnazione e sorrisi malinconici, il coraggio di suicidarsi e quello di continuare a vivere.
Attraverso una recitazione sobria e priva di chiaroscuri, la DObici regista sceglie volontariamente di non impantanarsi nelle pastoie del sentimentalismo rischiando leffetto opposto.
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