Magiche atmosfere tra trotto e galoppo

Nelle scuderie di San Siro vivono circa duemila cavalli, ascoltando Mozart in attesa di poter correre

La loro giornata si apre prestissimo: alle sei sono in pista per sostenere un’ora e mezzo di allenamento. Seguono le operazioni giornaliere che li vedono impegnati come vere star: pulizia personale e del box, massaggi, ispezione agli zoccoli e alla ferratura. La biada arriva due volte al giorno ma qualche allenatore preferisce somministrare pasti più leggeri e più frequenti nell’arco della giornata.
I cavalli da corsa sono lampi dotati di un’anima e chi lavora agli ippodromi di Milano lo sa. Tra galoppo e trotto sono circa duemila i quadrupedi inquilini fissi delle scuderie di via Ippodromo e di via dei Rospigliosi, scuderie fatte come villini in stile alsaziano con tanto di alloggi - un centinaio - a disposizione di chi lavora nel magico mondo dei cavalli.
Tutti corridori, stinchi sottilissimi, sguardo acuto, grande cuore pronto a commuoversi di fronte alle fusa di un gatto o ai belati insistenti di una capretta: piccoli amici lasciati apposta in scuderia per diminuire la solitudine dorata dei campioni. «Alcuni cavalli - dice un artiere - soffrono di stress. Perché stanno chiusi 22 ore al giorno in un box e poi all’improvviso eccoli catapultati in corsa per pochi minuti: per loro è uno sforzo enorme». Certi sudano anche a riposo, altri soffrono di palpitazioni... Perché non tutti i proprietari si ricordano che i cavalli non sono macchine. Per alleviare le nevrosi dei campioni alcune scuderie stanno facendo un esperimento: la diffusione di musica classica dentro i box. «Pare che i cavalli - svelano a San Siro - gradiscano molto, soprattutto Mozart».
Ma ciò che più colpisce qui è l’estensione degli spazi: basta affacciarsi all’ippodromo del galoppo, quasi un milione e 400 mila metri quadrati di verde, per fare un vero e proprio salto spazio-temporale. Un’estensione inconsueta per una città stretta come Milano. Sembra di tornare indietro, magari proprio nel 1921, anno di inaugurazione del complesso.
Nella grandissima città dei cavalli per muoversi ci vogliono i mezzi: tutti quelli che lavorano qui dentro, 800 persone circa, girano in bici o in motorino e piste e box sono collegati da tunnel sotterranei. Quello del galoppo è l’unico ippodromo italiano che è classificato come monumento nazionale per il suo disegno liberty, soprattutto delle due tribune in grado di ospitare 2 mila 200 posti a sedere. Ma trovi anche ristoranti, bar, un parco giochi con gonfiabili per i più piccini aperto tutti i pomeriggi da martedì a sabato. È sulla destra dell’enorme cavallo di Leonardo, subito dopo l’entrata da via Ippodromo. E poi un giardino botanico con oltre 70 alberi rari e sette itinerari tematici: va bene lo “zoccolo duro” dei patiti della scommessa; però la società che gestisce gli ippodromi di Milano, la Trenno Srl, ha a sua volta scommesso che riuscirà a portare in questi spazi anche bambini e famiglie e non solo il sabato e la domenica.
Su questa pista i grandi Ribot, Sirlad, Tony Bin hanno a turno incantato il mondo. Come certi fantini ormai entrati nel mito: Enrico Camici, Frankie Dettori e Mirko Demuro per citarne alcuni. «Ma l’ippodromo - dice Vasco Cattafesta, docente e maniscalco da tre generazioni - è anche una fucina per arti e mestieri che fuori di qui andrebbero persi per mancanza di scuole». A San Siro lavorano 100 sellai, 10 maniscalchi e un nugolo di artieri.
L’ippodromo del trotto è più piccolo: 152 mila metri quadrati a ridosso dello stadio Meazza di calcio che lo sovrasta. Ci sono quattro bar, un ristorante panoramico e due tribune. Qualcuno dice che è una fortuna che questa non sia la pista del galoppo: i purosangue da corsa ne sarebbero terrorizzati perché hanno paura di tutto, figurarsi dei boati dei tifosi. I trottatori invece hanno un carattere più saldo e sopportano bene.
La pista dove corrono i campioni per quei due interminabili minuti è ricoperta di ghiaia. Ghiaia che ha raccolto le impronte di Tornese, Crevalcore, Viking Kronos e Varenne per driver d’eccezione quali Sergio Brighenti, Walter Baroncini, William Casoli e Pietro Gubellini. I 600 box dei cavalli sono sia a ridosso della pista sia dall’altra parte della strada, in via dei Rospigliosi angolo Capecelatro.
Entrare in quell’area particolarissima, risparmiata dal tempo, è un’altra sorpresa: accanto al dedalo di scuderie si aprono improvvisi spiazzi che ricordano l’aia di una fattoria. Il terreno non è del tutto asfaltato. Grandi alberi ombreggiano le corti.

I sulky sono addossati ai muri accanto a enormi balle di fieno. Dappertutto badili, forconi, carriole, qualche trattore, nitriti di cavalli e tubare di piccioni. Fuori di qui, clacson e motori ci ricordano che siamo a Milano.

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