Se andiamo avanti di questo passo, saranno soltanto le coppie gay a volere dei figli, così si darà ancora maggiore sviluppo all'indecente mercato degli uteri in affitto. I dati sono sconcertanti: cinquemila nati in meno rispetto all'anno scorso per un totale di 509 mila nascite, il livello minimo dall'Unità d'Italia.
Facile individuare il colpevole di questo record negativo nella crisi economica che stiamo attraversando da troppi anni. E non ci si sbaglia: tuttavia non tutte le colpe sono sue.
Figli significano costruzione di una famiglia, e una famiglia vuol dire casa, ma per avere una casa generalmente c'è bisogno di un mutuo che le banche concedono se si ha un lavoro fisso. Un vero e proprio percorso ad ostacoli, in cui è arduo arrivare alla meta. La casa, dopo la sconsiderata politica di Monti, sta diventando un miraggio per il suo costo devastante, e un lavoro fisso è un sogno se soltanto si osservano distrattamente i dati sulla disoccupazione giovanile.
La sintesi di questa breve descrizione, con cui metto le mani avanti per sottolineare che non mi sfuggono le questioni economiche che falcidiano le nascite, è che rinunciare ad avere figli sembrerebbe un atteggiamento molto responsabile. Mettere al mondo dei disgraziati, figli di altri disgraziati, che senso ha? Un minimo di responsabilità farebbero pensare che famiglia e figli siano un lusso che non ci si può sensatamente permettere.
Si guardino anche gli extra comunitari, che filiavano allegramente tanto che qualcuno temeva una rapida diffusione del meticciato. Anche loro, stando alle ultime statistiche, sono molto contenuti, quasi fossero stati contagiati dal nostro virus della non-natalità.
Però, chiediamoci adesso se sia soltanto il forte disagio economico ciò che frena o perfino annulla il desiderio di avere figli?
Dall'Unità d'Italia ad oggi sono stati numerosi i periodi di crisi economica attraversati dalla nostra gente. Chi ha un po' di anni si ricorderà, per averlo vissuto direttamente, il dopoguerra: non erano rose e fiori, eppure si costruivano famiglie, nascevano bambini. Allora, credo, che alla base di questo disastro che sta distruggendo la natalità ci sia dell'altro, non solo la mancanza di quattrini.
La donna è la prima, fondamentale protagonista della procreazione. Ma essere madre non rappresenta più un valore alto, significativo, centro di sviluppo dell'identità femminile. Sono numerose le riflessioni che intendono affermare come per una donna, il non avere figli sia un peso esistenziale in meno, che consente di stare meglio.
A questo, si aggiunga che l'idea stessa di famiglia «normale», con un padre e una madre e dei figli, non rappresenta un obbiettivo sociale da perseguire e difendere. Non c'è una politica della famiglia capace di facilitare economicamente la sua costituzione attraverso asili nido e condizioni lavorative favorevoli per le nuove madri. Non c'è il valore culturale della famiglia.
Ma ciò di cui sono stati defraudati in modo violento i giovani, è la speranza. Manca il sentimento del futuro, l'amore per il progetto perché è prevalsa una visione coercitiva della quotidianità.
Quella responsabilità, di cui parlavo in precedenza, che consiglierebbe molta prudenza nel mettere al mondo i figli, in realtà nasce dall'assenza della speranza, di quello slancio che porta a credere nel domani e che rappresenta l'unico vero lievito della vita. Il nutrimento della vita sono i figli, e le statistiche sul disastro della natalità dovrebbero essere il primo, fondamentale problema della politica: se non viene risolto, tutto il resto è solo dettaglio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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