"Mai dire mai". San Siro pieno per i Pooh

Con i Pooh si va sempre oltre. Oltre cinquantamila spettatori a San Siro. Oltre tre ore di concerto

"Mai dire mai". San Siro pieno per i Pooh
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Con i Pooh si va sempre oltre. Oltre cinquantamila spettatori a San Siro. Oltre tre ore di concerto. Oltre cinquanta canzoni (per l'esattezza 56, con sigla iniziale e finale). Sette anni fa avevano «adesso basta, la storia finisce qui». Ma, come ha spiegato Roby Facchinetti ieri più o meno nella stessa saletta di San Siro, «nella vita non bisogna mai escludere niente. Per noi nel 2016 era davvero l'ultima fotografia della band, poi è successo di tutto e persino i nostri figli ci hanno detto ma voi siete matti, la gente vi vuole ancora».

Così sia, e il candore di Roby, Dodi, Red e Riccardo Fogli ieri era quello dei debuttanti, non degli ultrasettantenni super esperti. «Non è una reunion, è una serie di eventi che confermano la nostra fratellanza» secondo Dodi Battaglia. E in effetti il tour di venti concerti iniziato ieri (quindici in Italia con tre date all'Arena di Verona dal 29 settembre e poi cinque show in Usa e Canada) si è presentato come un colossale greatest hits dal vivo che inizia con Amici x sempre e finisce con Chi fermerà la musica con in mezzo una raffica di pezzi che li conosce chiunque: Piccola Katy, Uomini soli (con il Volo), Pensiero, Dammi solo un minuto e la colossale, progressiva Parsifal. «Ciascuno di noi da solo vale il 10 per cento, ma insieme siamo oltre il 100%» ha detto sempre Dodi confermando l'evidenza: i Pooh sono una miscela unica e inspiegabile che ha ricamato un bel pezzo di musica popolare italiana. E, se nel concerto c'è un tributo «a nostri due poeti Valerio Negrini e Stefano D'Orazio», colpisce la fluidità del loro modo di suonare. «Questa band è come andare in bicicletta, quando hai imparato non dimentichi più» conferma Red Canzian. Infatti, nonostante sette anni di assenza, anche in prova erano sincronizzati con la nonchalance dell'esperienza. «Siamo come la 500, siamo popolarissimi, esistiamo più o meno dallo stesso periodo e siamo anche noi alla nuova generazione» dice sempre Dodi.

Di certo il pubblico non aspettava altro e in fondo che bello vedere decine di migliaia di persone mandare a memoria pezzi che,

quando uscirono, erano considerati «usa e getta», quindi destinati a sparire in fretta. E invece sono ancora qui, con i genitori che portano i figli ad ascoltare uomini anziani che suonano canzoni rimaste giovani per molti.

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