C'è da dispiacersi che, dopo gli anni liceali, Piero Manzoni si sia consacrato esclusivamente all'arte, diventando uno dei nomi più riconosciuti dell'avanguardia. Quando aveva solo sedici anni, infatti, egli partecipò ai dibattiti culturali e ideologici del suo liceo milanese, l'Istituto Leone XIII, e nel 1950 scrisse un breve testo volto a sottolineare che la libertà è inscindibile dall'economia di mercato, mentre il socialismo comporta la progressiva distruzione di ogni dimensione umana.
La parabola esistenziale di Manzoni sarà brevissima, dato che morirà a soli 29 anni. Nell'arco di un decennio, mischiando provocazione e ironia, egli aveva comunque sconvolto lo scenario artistico anche grazie alla rivista Azimuth e a un centro espositivo con il medesimo nome. Molto prima di ciò, però, con quel suo scritto era riuscito a infiammare l'ambiente studentesco milanese, sfidandone il conformismo ed esaltando le logiche capitalistiche contro l'oppressione del socialismo.
Pubblicato per la prima volta sulla rivista Gioventù sociale, ora quell'articolo è tornato disponibile grazie a De Piante editore in un librettino intitolato L'economia del carnefice, curato da Guido Andrea Pautasso e con una scheda editoriale di Irene Stucchi. Pur nella loro brevità, quelle pagine mostrano un giovanissimo già in grado di citare Friedrich von Hayek, autore di quel La via verso la servitù che Giulio Einaudi non aveva voluto pubblicare e che era uscito, nel 1948, grazie ai tipi della Rizzoli.
Il sedicenne Manzoni aveva quindi confidenza con autori allora sostanzialmente sconosciuti perfino a molti economisti e scienziati sociali. E infatti oltre ad Hayek egli utilizza Wilhelm Röpke e Jacob Burckhardt, da cui prende la formula del titolo. Per Manzoni, in effetti, «il socialismo è un sistema economico cui il carnefice batte il tempo». Il controllo poliziesco sulla produzione e sugli scambi comporta di necessità la politicizzazione di ogni sfera, così che «il prezzo diventa un ordine, il diritto privato diventa diritto pubblico». In definitiva, socialismo e autoritarismo procedono assieme.
L'articolo punta a persuadere il lettore su un punto: sul fatto che ogni interferenza statale nella vita economica (nell'ordine spontaneo degli scambi) ci avvicina al totalitarismo e alla cancellazione di ogni autonomia decisionale.
Negli anni seguenti la sua arte anarchica e dissacrante offrirà un'ulteriore conferma di questa relazione tra libertà e creatività, e sul fatto che tutto questo può trovare spazio solo dove gli uomini di Stato rinunciano a imporre la loro volontà.
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