«Maradona aveva l’occhio cattivo, noi no»

«Non avevo mai visto Diego così tirato. Ma dopo di lui il più grande fu Elkjaer»

Paolo Brusorio

da Milano

Succedono cose strane nel mondiale ’86 in Messico. In ordine sparso: la Fifa obbliga i giocatori a tenere la maglietta dentro i pantaloncini (e Platini si arrabbia perché l’ultima che gli aveva detto una cosa simile era la mamma); per esigenze di prime time televisivo europeo molte partite si giocano a mezzogiorno e alle due, ora in cui se i messicani fanno la siesta un motivo pure ci sarà; negli stadi scoppia la moda della «ola» e nessuno protesta. Maradona segna un gol irregolare all’Inghilterra, «la mano di Dio» è nel museo del pallone ormai: gli inglesi provano anche a farlo notare all’arbitro Bennaceur, ma niente. Il titolo lo vince l’Argentina: fa tutto quasi Maradona, contro l’Inghilterra prende palla a centrocampo e non la lascia più se non per accarezzarla in rete dopo aver steso mezzo Regno Unito. Fa lo stesso più o meno con il Belgio. In finale contro la Germania con Matthaus appiccicato alle caviglie, si «limita» a infilare Burruchaga nel corridoio giusto: Argentina-Germania 3-2.
A quell’ora l’Italia è a casa da un pezzo. Arrivati da campioni ce ne torniamo da penultimi della classe, pochissime le lodi, ma quasi a zero anche l’infamia: un girone di qualificazione a luci basse (1-1 con la Bulgaria e con l’Argentina, 3-2 alla Corea del Sud. Tutti gol di Altobelli più un’autorete coreana), poi battuti dalla Francia agli ottavi per 2-0. Proprio non riesce la miscela tra i campioni del mondo e le novità, dalla manica di Bearzot non escono gli assi giusti, gli eroi dell’82 (Cabrini, Scirea, Conti, Tardelli e Rossi) sono stanchi, ci sono Vialli e Zenga che scalpitano, De Napoli che corre per tre e il gruppo del Verona che l’anno prima aveva vinto lo scudetto. Tra loro Giuseppe Galderisi.
Venerdì 30 maggio 1986: mancano ventiquattro ore a Italia-Bulgaria, partita inaugurale del mondiale, Bearzot la prende da parte...
«E mi dice: “Domani parti tu”. Rimasi tranquillo, ma bluffai come nel giorno del mio esordio in serie A. Prendevo il posto di Pablito, mica di uno qualunque. Con Rossi poi dividevo la camera quando giocavo nella Juventus».
L’Italia era campione del mondo, quanto pesava l’eredità?
«Tra il gruppo storico e i nuovi c’era complicità, eravamo convinti che avremmo fatto un buon torneo. In quel gruppo c’erano Tardelli e Scirea, gente che mi aveva visto crescere nella Juve. Mi davano tranquillità. Quel titolo non pesava».
E allora perché le cose andarono male?
«Ci è mancata la scintilla, sul campo il mix tra i vecchi e i nuovi non è riuscito. Forse ci voleva un po’ più di cattiveria».
Com’era l’atmosfera in ritiro?
«Prima, venticinque giorni a Roccaraso. Per abituarci all’idea ci allenavamo a 2mila metri. A Puebla trovammo un’aria festosa, forse troppo. Eravamo in un fortino con le guardie intorno, non siamo mai usciti dall’albergo».
Chissà che divertimento allora...
«La cosa più ridicola fu Vierchowod improvvisatosi barbiere per tagliare i capelli a Vialli col rasoio elettrico. Sembrava un cespuglio la testa di Luca. Io dormivo con Tricella, dovevo stare attento a quanto cioccolato mangiava. E poi le botte con Bagni in allenamento, litigavamo sempre e arrivammo quasi alle mani. Quando ne riparliamo adesso, ci facciamo delle grandi risate».
Un ricordo di Bearzot?
«Al nostro ritorno in Italia fummo attaccati duramente, io venni preso particolarmente di mira. “Hai giocato un torneo grandissimo”, mi disse Bearzot. Bastarono quelle parole per tranquillizzarmi».
Fu il mondiale di Maradona: ve l’aspettavate così forte?
«Diego ci venne a trovare a Casa Azzurri e rimase con noi mezza giornata. Non l’avevo mai visto così tirato, aveva l’occhio cattivo. Sapevamo che era in formissima».
Non giriamoci troppo intorno, con la Francia fu un disastro. Beppe Baresi doveva marcare Platini a uomo...
«Fu una partita strana, io mancai una deviazione vincente per pochi centimetri. Per la marcatura di Gentile su Maradona di quattro anni prima si sprecarono i complimenti, per la scelta di Baresi invece si parlò di vergogna. Le solite esagerazioni. Se perdemmo non fu certo per colpa di quella mossa. Eravamo anche sfiancati, Montezuma aveva colpito dieci di noi, ci mancavano le forze... ».
Il più bel ricordo del Messico?
«La loro allegria ma anche la loro povertà.

Quando ci spostavamo da Puebla vedevamo le loro condizioni di vita, ma mai uno che perdesse la dignità».
Maradona è fuori gara, chi fu il miglior giocatore di quel mondiale dopo di lui?
«Dico una squadra. La Danimarca del mio grande amico Elkjaer».
(9. continua)

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