Borbottio in sala: «Cusa l’è che l’ha dit?». Claim, slogan, è la parola simbolo di questa giornata. Un «emozionato» Roberto Maroni alla sua prima conferenza stampa da segretario federale la ripete ossessivamente: «Il nostro nuovo claim sarà quello scritto qui alle mie spalle: prima il Nord».
Bobo lo chiama «ritorno al futuro»: la Lega 2.0 è un mix fra il vecchio orizzonte padano e il nuovo corso in british style. Organizzata come alle origini, con dipartimenti e consulte, perché «dobbiamo ricominciare a produrre idee». Ma che allo stesso tempo punta sui quarantenni, con tre vice segretari fra i 39 e i 44 anni, e sul web, là dove strumento ufficiale della comunicazione sarà un «portale che integri tv, radio e quotidiano», nel tentativo di «dare un messaggio univoco, perché l’entusiasmo dei militanti a volte porta a prendere posizioni diverse», che è un modo gentile per dire che non saranno gradite esternazioni fuori linea.
Ad affiancare Maroni, tre nomi che rispettano gli equilibri dei territori. Federico Caner, 39 anni, trevigiano con un master alla Bocconi, capogruppo nel consiglio regionale veneto, è uomo del governatore Luca Zaia e sarà il vice vicario, col compito di rilanciare le scuole per militanti e amministratori, creandone poi una per manager all’urlo di: «Basta trombati nei Cda, la Lega separerà le carriere di politici e dirigenti pubblici». I vice semplici sono Elena Maccanti, 41 anni, assessore agli Affari regionali in Piemonte, che entra nella cabina di comando in quota Roberto Cota e si occuperà di coordinare gli enti locali. E il bergamasco Giacomo Stucchi, 44 anni, che gestirà l’ufficio politico formato da 11 dipartimenti e 2 consulte. «Saranno i primi a dare il buon esempio sui doppi incarichi», avverte Bobo, e così appena lui lascia la sala va in scena un piccolo giallo. Se la Maccanti è già pronta a lasciare la giunta, Stucchi, che è anche deputato, la aggiusta così: «Si potrà avere un ruolo istituzionale e uno di partito, ma non un terzo ruolo anch’esso istituzionale». Naturalmente sarebbe un tantino troppo comodo, e infatti pare che il regolamento che verrà definito lunedì imporrà la scelta fra gli incarichi solo a chi ne ricopra uno di governo, come la Maccanti appunto.
In quest’ottica, se mai il problema lo avrà lo stesso Maroni se davvero vincesse il governo della Lombardia. Lui sul Pirellone glissa, come sulle alleanze: «Dialoghiamo con chi, anche non leghista, ha a cuore la questione settentrionale. Col Pdl manteniamo gli impegni, ma vogliamo risultati». Ed ecco il progetto: «Se le grandi Regioni del Nord agissero come un unico soggetto istituzionale-politico, la Grande Regione del Nord, potremmo dettare legge a Roma e a Bruxelles».
Così alla fine, più che sulla linea politica la vera svolta sta nella netta presa di distanze dal vecchio corso bossiano. Tanto per dire, l’area veneta «del 42%», quella che al congresso della Liga ha sostenuto Bitonci contro Tosi, si aspettava un vice segretario vicario «di minoranza». Ora lamenta «una Lega di professionisti della politica, altro che meritocrazia: siamo solo passati da un Cerchio all’altro». Quanto ai vecchi riti simbolici, quello dell’ampolla dal Monviso a Venezia si ripeterà con Bossi e Borghezio, ma senza Maroni: «Non ha mai partecipato, certo non inizierà ora» dicono i suoi. E Pontida? «Qui c’è chi beve troppo vino: non siamo matti, è la nostra identità, non la cancelleremo» giura Bobo smentendo i rumors. Ma slitta a metà ottobre, e si sussurra che a liberarsene ci abbia pensato. Lui dice che non c’è alcuna debossizzazione in atto.
La foto di Umberto scomparsa dal sito e ricomparsa dopo l’articolo del Giornale? «Solo un problema tecnico, l’ho fatta rimettere io». Pare invece sia andata come scrive Linkiesta: è stato Bossi a chiederne il ripristino. Al sito hanno obbedito e Bobo non l’hanno neppure avvertito.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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