«È un massacro, ci uccidono tutti» Spari sulla folla per le strade di Teheran

A notte, quando a Teheran sono già le 23 le vedette di Twitter diffondono messaggi angoscianti e raccapriccianti. «Caricano i cadaveri sui camion, è un mattatoio, un essere umano non può comportarsi così, preghiamo Dio di salvarci si spara ad Aazad Street. A Lalezar Street e a Baharestan Street ci sono morti e sangue ovunque, colpivano la gente con la scure, come macellai. Dobbiamo scappare hanno preso uno di noi, dobbiamo fare in fretta». È l’ultimo appello dalle piazze del massacro, l’ultimo urlo dalle piazze di Teheran trasformate stando a questi frammentari e inverificabili brandelli di notizia in nuove Tienanmen. Il primo allarme scatta quattro ore prima quando la telefonata di una ragazza in lacrime trasmessa dalla Cnn e irrompe nell’etere. «È un massacro, ci bastonano come animali», urla con voce rotta dal pianto spiegando in inglese di avere 20 anni e di trovarsi nella zona intorno al Majlees, il parlamento iraniano.
«Tentano di buttarci giù da un ponte sopraelevato, colpiscono chiunque, c’è una donna coperta di sangue dalla testa ai piedi, l’hanno ridotta così sotto gli occhi di suo marito, le forze di sicurezza ci sparano addosso, la gente li implora di fermarsi, ma loro non ci ascoltano, continuano a sparare, ci vogliono tutti morti». Dopo quella telefonata è il caos, un caos comunicativo e mediatico che rende difficile valutare l’entità degli scontri. A dar retta ai messaggi diffusi dai vari attivisti di twitter gli incidenti si concentrano nella zona del parlamento intorno alla piazza e alla fermata del metrò di piazza Baharestan, vicino al Parlamento. «La gente sta portando i feriti a casa per assisterli», scrive uno. «Attenti agli elicotteri, guidano i basiji dall’alto», avverte un altro. In quella piazza mattatoio un gruppetto di 200 dimostranti sarebbe stato fermato dalla polizia e da consistenti gruppi di miliziani basiji in moto armati di bastoni elettrici e spranghe.
Chi siano gli organizzatori della protesta e chi la guidi non si sa. Il sito di Mir Hussein Moussavi accenna ad una manifestazione convocata nella zona del parlamento, ma si dissocia dagli organizzatori e raccomanda calma e moderazione. Di certo chi ha sfidato polizia e milizie fronteggia uno schieramento invalicabile e spietato. «È un inferno», scrive un testimone riferendo di una ragazza uccisa da diversi colpi di arma da fuoco e di un totale di almeno tre o quattro morti. «La piazza è piena di sangue», annota un altro messaggio che da i dimostranti in fuga verso un’altra piazza. Molte notizie risultano difficilmente confermabili. «Le ambulanze caricano i feriti e li portano nel deserto per lasciarli morire». Esagerazioni, forse, che danno l’idea della situazione di confusione in cui è sprofondata Teheran, una metropoli di 12 milioni di abitanti dove solo il regime sa, forse, cosa stia succedendo. L’impossibilità di verificare e controllare dopo la cacciata di tutti i giornalisti stranieri e la messa al bando o l’arresto di quelli locali lascia spazio, secondo alcuni messaggi alla disinformazione. «La voce della ragazza alla Cnn era troppo pulita e limpida, impossibile trovare una linea telefonica così pulita dall’Iran», annota un twitter sospettoso. Secondo la tv americana almeno altre due fonti confermerebbero però la «selvaggia violenza» delle forze dell'ordine.
«Ci stavano aspettando», racconta un altra voce trasmessa dalla Cnn. «Avevano armi e tenute antisommossa. È stato come cadere in una trappola. Ho visto molta gente con braccia, gambe e teste rotte.

C’era sangue dappertutto e gas lacrimogeni come in guerra». Infine nella notte l’ennesimo affronto. «La famiglia di Neda, la ragazza uccisa sabato simbolo della repressione, è stata portata via da casa dalle forze di sicurezza».

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