Il mea culpa della sinistra mondiale: «Rivediamo il pensiero progressista»

Domani a Londra il lancio di Euston Manifesto: «Basta con i pregiudizi sugli ebrei e l’anti-americanismo»

Gaia Cesare

Basta con l’antiamericanismo. Basta con il metodo «due pesi e due misure», in base al quale si considerano gravissime le violazioni dei diritti umani compiute nei Paesi democratici e si tace su quelle molti più gravi commesse altrove. Stop a quel pensiero che giudica l’11 settembre un risultato «meritato o prevedibile». E poi ancora basta ignorare l’antisemitismo e nascondere i pregiudizi contro gli ebrei dietro la formula dell’antisionismo.
È racchiuso in quindici punti il manifesto politico elaborato da un gruppo di intellettuali della sinistra britannica, il cui obiettivo è «ridefinire il pensiero progressista», lanciandosi in una critica della sinistra da sinistra. Si chiama “Euston Manifesto”, perché proprio in un pub nei pressi della fermata della metropolitana londinese, Euston Station, si ritrovarono un anno fa l’editorialista dell’Observer, Nick Cohen, il professore dell’Università di Manchester, Norman Geras e vari altri intellettuali inglesi. Da quegli incontri (partiti all’indomani della rielezione di Blair, il 5 maggio 2005) è nato un testo che ha già cominciato a circolare in Rete (eustonmanifesto.org), garantendosi centinaia di adesioni internazionali e consensi fra gli intellettuali e i bloggers di tutto il mondo, ma che domani sarà lanciato ufficialmente alla stampa internazionale, nella capitale inglese.
«Siamo democratici e progressisti e proponiamo un nuovo riallineamento politico», scrivono i protagonisti. «Intendiamo ridefinire il pensiero progressista distinguendo nettamente tra la sinistra rimasta fedele ai propri valori più autentici e quella che invece si è ultimamente mostrata troppo arrendevole nel difendere quei valori». In che modo raggiungere l’obiettivo? Rifiutando «senza eccezioni l’antiamericanismo che oggi avvelena tanta parte del pensiero di sinistra» e che «non giustifica pregiudizi generalizzati» contro gli Stati Uniti e i suoi abitanti. Ammettendo inoltre che «il terrorismo è una minaccia da combattere, senza scusanti», rifiutando «di pensare che non possano esservi aperture verso idee e persone a destra», condannando «chiaramente e severamente la sinistra che si allea a forze antidemocratiche».
A metà fra un «mea culpa» e un piano d’intenti politici, il documento fa chiari riferimenti al caso iracheno e al crollo del regime di Saddam, trasformatosi per una fetta della sinistra in un tranello in cui molti sono caduti «rinnegando tutti i valori democratici che affermano di voler difendere». «Riconosciamo le profonde ma comprensibili diversità di opinioni sull’opportunità di quell’intervento (...), siamo tuttavia uniti nel giudicare il regime baathista come reazionario, fascista e assassino e dichiariamo che la sua caduta è stata una liberazione per il popolo iracheno», scrivono gli intellettuali inglesi.

Come se non bastasse, il Manifesto sottolinea la pericolosità dell’antisionismo che serpeggia all’interno di «organizzazioni considerate di sinistra», «disposte a dar voce ad esponenti apertamente antisemiti o ad allearsi a gruppi antisemiti». Anche dall’Italia sono già arrivate le prime firme, fra cui quella di Antonio Polito, senatore della Margherita e del radicale Daniele Capezzone.

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