da Milano
Il caso ha voluto che la celebrazione del centenario della nascita del suo fondatore, Enrico Cuccia, coincidesse con il più profondo riassetto di Mediobanca dalla privatizzazione. Un riassetto che proprio nei prossimi giorni vedrà chiudersi il cerchio: ieri il cda del socio Mediolanum ha deliberato la crescita fino al 3,6% nel capitale della banca d’affari.
Nel giro di questa settimana tutti gli altri soci interessati al 9,4% messo in vendita da Unicredit scriveranno una lettera vincolante con la loro offerta. Quindi toccherà al patto di sindacato e poi, entro il 15 dicembre, il nuovo azionariato sarà pronto. E a quel punto tutto sarà finito. Anche perché gli strascichi seguiti al contrasto avvenuto in seno al comitato nomine della scorsa settimana (quando il presidente di Unicredit Dieter Rampl ha contestato il metodo scelto dal presidente Cesare Geronzi per scegliere il vertice di Telecom) non produrranno ulteriori cambiamenti. Né la governance duale, né eventuali chiarimenti sulla sua applicazione sono in discussione. Lo hanno detto ieri lo stesso Rampl («Quale chiarimento?») e pure Marco Tronchetti Provera: «Il Patto di Mediobanca non è stato convocato - ha detto ai giornalisti - e non c’è nulla riguardo ad un chiarimento sulla governance».
L’occasione è stata la celebrazione del centenario di Cuccia con la presentazione del volume (curato dall’ufficio studi di Mediobanca) che raccoglie le relazioni di bilancio scritte dal fondatore dell’istituto tra il ’47 e l’82: sono le sue parole, perché erano quelle le uniche occasioni nelle quali il pensiero riservato del grande banchiere prendeva forma pubblica. L’occasione ha riunito per qualche ora protagonisti vecchi e nuovi del capitalismo italiano. Da Carlo De Benedetti a Cesare Romiti, da Lucio Rondelli a Salvatore Ligresti.
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