Cinquantadue anni, scrittore e giornalista, Nejad Aziz Surme, dirige Xebat, uno dei più importanti giornali del Kurdistan iracheno. Sotto Saddam è stato torturato e non ha dubbi che lex Rais merita di morire. Grazie a suo fratello, che vive in Italia, riusciamo a raggiungerlo telefonicamente ad Erbil.
Cosa pensa dellimminente esecuzione di Saddam?
«Per fortuna nessun tiranno responsabile di massacri e genocidi può vincere e farla franca. Io sono una vittima di Saddam, che ha subito carcere, tortura e soggiorno obbligato durante il suo regime. Non posso essere che felice della condanna a morte per il dittatore».
Ci racconti la sua storia.
«Sono stato arrestato nei primi anni ottanta con altri giornalisti e scrittori, senza alcuna accusa precisa. Ci hanno portato nel famigerato carcere della polizia politica a Bagdad (il centro di detenzione speciale che fu guidato anche da Barzan Ibrahim al Tikriti, il fratellastro di Saddam, pure lui condannato a morte, nda), dove siamo stati torturati. Ci picchiavano per due, tre ore consecutive al giorno e poi ci appendevano a dei ganci sulle pareti. Cera una stanza, dove ci costringevano a camminare, con il pavimento cosparso di chiodi e pezzi di vetri. Usavano torturarci frequentemente con gli elettrodi ed alcuni miei compagni sono stati impiccati, compreso un mio caro amico che si chiamava Bestun. La sua famiglia non ha mai più ritrovato il corpo. Altri amici, una volta liberati, sono caduti in forme profonde di depressione ed uno di loro è diventato pazzo a causa delle torture».
Gli aguzzini cosa vi chiedevano, cosa volevano dai prigionieri?
«Ogni giorno si inventavano unaccusa nuova e pretendevano di farci firmare confessioni preparate da loro. Sostenevano che noi avevamo appoggiato i partigiani curdi e scritto a loro favore, ma non era così. Saddam sembrava onnipresente. Quando ci torturavano citavano il suo nome per trovare la forza di farci del male».
Quanto tempo sono durate queste vessazioni?
«Ho passato un anno in carcere e grazie alla cauzione sono stato alla fine liberato. Per altri cinque anni e mezzo mi hanno costretto al soggiorno obbligato nel sud dellIrak».
È vero che anche suo padre è stato incarcerato e torturato?
«Mio padre Aziz, in quanto dirigente del Partito democratico del Kurdistan (uno dei principali movimenti curdi iracheni, nda) ha pure lui subito torture e alla fine è riuscito ad ottenere lasilo politico in Occidente. La nostra famiglia è stata perseguitata dal regime per molti anni. Mio padre è morto per le sofferenze subite».
Suo fratello, come altri curdi, era rifugiato in Italia. Lei veniva punito anche per lattività dei vostri familiari allestero?
«Certamente. Spesso venivamo chiamati dalla polizia politica perché i nostri familiari vivevamo liberamente allestero. Famiglie che conosciamo sono state per anni minacciate e tenute in ostaggio a causa dei loro cari riparati altrove».
In Italia ci sono dei politici che fanno addirittura lo sciopero della fame per Saddam.
«Che Dio li aiuti. Mi fanno pena».
Molti iracheni si sono proposti come boia di Saddam. Lo farebbe anche lei?
«Come intellettuale non credo di essere in grado di farlo, ma se ci sono molti ad offrirsi vuole dire che le loro ferite sono profonde. A me, come a tantissimi altri iracheni, questuomo ha tolto per sempre la giovinezza».
Ipotizziamo che sia già stato giustiziato.
«Dal punto di vista politico la sua esecuzione avrà delle conseguenze positive. Leliminazione del tiranno farà voltare definitivamente pagina ai popoli dellIrak. Anche per i suoi seguaci sarà un segnale che lera Saddam è finita per sempre».
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