"Le mie pin up trasgressive amate dalle femministe"

Le ragazze che disegna nei fumetti sono diventate icone di sensualità: «Piacciono anche alle donne perché non sono mai succubi Che notte con Fellini e la Masina»

"Le mie pin up trasgressive amate dalle femministe"

La venere di Milo (Manara) è una presenza incombente. La vedi solo disegnata sul foglio, ma ne avverti il profumo dei capelli lunghi, il turgore delle labbra rosse, lo spessore marmoreo del corpo da pin up. Una creatura divina concepita dalla matita di Maurilio Manara, detto Milo, nato a Luson (Bolzano) il 12 settembre 1945. Su di lui Wikipedia è concisa ma efficace: «Fumettista italiano famoso in Italia e all'estero per il fascino sensuale delle sue tavole».

In cosa è diversa la sua musa dalla Valentina di Guido Crepax?

"Valentina è stata per me un modello. Ma mentre le trasgressioni di Valentina si sviluppano in una dimensione onirica, quelle delle mie ragazze vengono attuate realmente".

Insomma, le sue icone mettono in pratica ciò che per Valentina restano sogni proibiti.

"È così. Valentina è una donna in carriera che cerca di fare concorrenza all'universo maschile anche adottando un taglio di capelli e un abbigliamento da uomo. Le protagoniste delle mie storie, al contrario, sono pienamente realizzate e non rinuncerebbero mai a ostentare la propria carica erotica".

Chissà le proteste delle femministe. Pronte a dire: "Ecco, Manara ripropone il solito cliché della donna oggetto...".

"Si sbaglia. Io dalle femministe ho ricevuto tanti complimenti".

Non ci credo.

"Eppure è così. Posso raccontarle un aneddoto?"

Prego.

"Ero a Siena col cantante Paolo Conte a una conferenza organizzata da un collettivo femminista. Pensavo di essere contestato vivacemente e invece mi applaudirono. E sa perché?"

No.

"Perché avevano capito che nei miei racconti sono le donne ad essere le detentrici del vero potere: quello della seduzione. Quando c'è amore, sesso, passione le mie ragazze non sono mai subalterne all'altro sesso. Il rapporto è paritetico. Anzi, dico di più: faremo un passo in avanti quando saremo governati da donne, che sono superiori agli uomini anche sul piano morale".

Non vorrei deluderla, ma in Italia tutti gli ultimi più clamorosi casi di corruzione hanno visto come protagonisti proprio delle donne.

"È l'eccezione che conferma la regola".

A proposito di donne «moralmente superiori», lei - collaborando con Fellini - ha conosciuto anche Giulietta Masina.

«Se è per questo una notte ho dormito con loro nella stessa stanza d'albergo».

Insieme a Federico e Giulietta?

"Andò così. Stavo lavorando per Fellini. Si fece notte. Allora andammo in albergo. Ma c'era una sola camera matrimoniale disponibile. E Federico disse: Milo, aggiungiamo una branda e dormi con noi. Fu un'esperienza incredibile. Tra Federico e Giulietta c'era una grande complicità e tenerezza".

Un altro incontro originale?

"Con Woody Allen. Avevo disegnato le scenografie per i suoi concerti jazz in Italia. Quando lo incontrai ero emozionatissimo. Non riuscii a dire una parola".

E lui?

"Era più emozionato di me. Non spiccicò una parola neppure lui. Un incontro tra due timidezze patologiche, ma forse molto più comunicativo di quello tra due logorroici".

Lei era amico di Georges Wolinski, il disegnatore satirico rimasto ucciso a Parigi durante l'assalto al settimanale Charlie Hebdo. Che riflessione le suscita il ricordo di quel dramma?

"Il concetto di laicità dello Stato".

Una "laicità" colpita a morte da una strage di stampo religioso, compiuta dei fanatici dell'integralismo islamico.

"Le due cose sono legate intimamente. Solo uno Stato laico - a differenza di uno Stato confessionale - può garantire l'autentica libertà per tutte gli altri credi".

Lei si è mai cimentato in una satira legata alla fede?

"Sì. A Verona esisteva un giornale che si chiamava Verona Fedele, emanazione della Curia. Io, con altri colleghi, fondammo Verona Infedele, una testata satirica che ebbe vita breve a causa delle troppe querele. Mettersi contro la Chiesa può essere pericoloso".

Tra i suoi albi recenti più apprezzati, c'è quello dedicato a Caravaggio.

"Caravaggio è il mio idolo".

Perché?

"In lui si concentra allo stesso tempo il massimo del realismo e il massimo della finzione".

In che senso?

"Caravaggio è un grande narratore che racconta per immagini fatti epocali, utilizzando però modelli umani presi dalla strada: figuranti che nulla hanno a che vedere con quanto rappresentato artisticamente".

Prima di lui Giotto aveva fatto la stessa cosa.

"È vero. Ma le chiese italiane sono piene di fumetti (i santi mi perdonino per questa definizione) che illustrano i testi sacri. Per certi versi considerare grandi maestri del passato come colleghi non può che farmi piacere".

Un altro suo lavoro che ha riscosso consensi, è quello dedicato ai Borgia.

"I loro insegnamenti restano attualissimi".

Non a caso il consigliere di corte era un certo Machiavelli.

"Il fine giustifica i mezzi. Allora come adesso".

È l'apoteosi della due morali e delle due leggi: una per i potenti e una per le persone comuni.

«Consuetudini che oggi, purtroppo, sono diventate la regola».

Torniamo a discorsi più terra terra: se la definiscono il «Tinto Brass dei fumetti», si offende?

"No. Anche se il mio concetto di erotismo è molto lontano da quello di Brass".

Cioè?

"Io trovo molto più eccitante l'attimo fatale in cui Sharon Stone accavalla le gambe in Basic Instict che un intero film di Tinto Brass".

Però sia lei che Brass avete una predilezione per il «lato b».

«È vero. Il sedere è - e rimarrà sempre - la parte anatomica che differenzia davvero il genere maschile da quello femminile».

Abbiamo parlato molto di personaggi femminili, mi dice qualcosa su Corto Maltese creato dal suo amico Hugo Pratt?

«Corto Maltese è l'alter ego fisico e spirituale di Pratt. Il quale ha avuto l'intelligenza di calare le sue storie all'interno di un contesto storico successivo alla Prima guerra mondiale. Questa collocazione ha certo concorso al successo di Corto».

Un Corto Maltese, ai nostri giorni, sarebbe anacronistico?

«Ma se l'immagina oggi Corto alle prese con l'obbligo del casco? Col divieto anti-fumo? Con l'impossibilità di entrare in centro con l'auto? Schiavo della burocrazia e degli smartphone? Lui, abituato a veleggiare tra i mari e col sigarello in bocca 24 ore su 24».

Ma nell'epoca del web, i fumetti hanno ancora senso?

«Tra i fumetti e internet non c'è contrapposizione, anzi c'è un rapporto virtuoso».

Un esempio?

«Il successo letterario di Zerocalcare. Si tratta di un autore che ha mosso i primi passi proprio nella rete».

I fumetti possono anche essere profetici. Lei, ad esempio, nella storia «Viaggio a Tulum» evoca il tema della «manipolazione genetica», argomento oggi di grande attualità.

«In quella tavola si narrava di un gene in grado di prevenire le azioni delinquenziali. Oggi ce ne sarebbe un gran bisogno. Scherzi a parte, credo che i progressi della scienza siano indispensabili. Ma senza mai dimenticare l'etica e la morale».

A proposito di etica e morale. Queste due categorie esistono anche nella sfera della sessualità?

«Il campo della sessualità coincide con quello della massima libertà. Ovviamente nel rispetto del partner. E comunque c'è un ambito in cui ci si può sbizzarrire senza rischiare nulla».

E qual è?

«È l'universo della fantasia e dell'immaginazione. Dove i fumetti possono svolgere un ruolo di acceleratore di immagini, un mondo in cui tutto (e il contrario di tutto) diventa possibile».

Se dovesse dedicare un albo a un politico contemporaneo, chi sceglierebbe?

«Obama e Putin sono due personaggi di grande spessore drammatico, nel senso teatrale del termine».

E il nostro Renzi?

«Ma lui si presta più a una caricatura. Un genere che non fa per me».

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