Il Milan a Udine perde il tridente ma ritrova Gilardino e un portiere

Nel Ka-Ro-Pa punge solo Ronaldo (palo), Kalac decisivo. Il gol finale non nasconde le liti in campo per un modulo che non va

Il Milan a Udine  perde il tridente ma ritrova Gilardino e un portiere

Udine - Il Milan perde la strada del gol a raffica ma ritrova un vero portiere. La notizia, per il Milan, il suo torneo a inseguimento, e i suoi tifosi, forse vale più dei tre punti preziosi guadagnati con un colpo di coda, nel gran finale, qui a Udine. Protagonista quell’Alberto Gilardino che si può considerare risorto in una domenica di metà gennaio, pochi giorni dopo aver meditato addirittura il clamoroso strappo. Sono le magie del calcio, o meglio ancora le magie garantite dal potenziale brasiliano del Milan che manca di stregare la platea ma non sbaglia la giocata decisiva a pochi secondi dai titoli di coda. È vero, Obodo combina un bel pasticcio perdendo palla in una zona proibita.

È vero, le moviole riunite stabiliscono che il tacco di Kakà per Gilardino trova l’attaccante sul bordo del fuorigioco, più dentro che fuori dal cono d’ombra di Zapata. Ma la stoccata del centravanti piemontese lacera il petto di Handanovic e dell’Udinese, sottoposta a un castigo eccessivo. Un gol decisivo di Gilardino, per il Milan, è quasi un evento. Da festeggiare con una serie di delicate dichiarazioni. Senza Gilardino e quella combinazione brasiliana (Pato-Kakà), il Milan sarebbe rimasto al palo, mentre ora può guardare con rinnovato ottimismo alla sua missione: raggiunto il Napoli in classifica, superate Catania e Atalanta. La scalata continua.

Lo sbocco provocato da Gilardino non può nascondere sotto il tappeto del successo la prova del famoso Ka-Ro-Pa, il celebrato trio delle meraviglie. Solo Ronaldo si guadagna qualche considerazione. Intendiamoci: gioca ancora da fermo, se c’è da scattare rinuncia. Se invece bisogna fare l’uno-due o prendere nel mirino la porta, allora è sempre il Fenomeno numero uno. Schianta un palo, impegna un paio di volte Handanovic in parate consistenti: si muove insomma e si guadagna la pagnotta milanista oltre che il contratto dello sponsor con quella capigliatura da rasta. Delude invece Pato e si può anche capire perché a 18 anni non puoi avere la maturità e la continuità dei 25. Si applica e si sacrifica, ma quando c’è da puntare l’uomo non riesce a liberarsi in allegria né di Zapata né di Coda, come accaduto col Napoli.

Il punto però non è Pato e il suo talento, fuori discussione. Il punto è che il Milan non può giocare con quel trio senza il supporto di un centrocampo votato al sacrificio. E invece Gattuso e Ambrosini si immolano mentre Seedorf resta sulla linea di Kakà, il più danneggiato dal disegno tattico perché non ha gli spazi davanti nei quali infilarsi. Magari nel primo tempo neanche se li cerca. Fa specie vedere mezzo Milan litigare in mezzo al campo come succede solo nei campetti di periferia: segno delle difficoltà e soprattutto del fatto che Seedorf non ha molta voglia di sgobbare.

Oltre a Gilardino, il Milan recupera un portiere affidabile. Kalac convince da tempo gli istruttori e anche i suoi sodali. Avrebbe meritato di giocare fin dal Giappone. Ancelotti ha rotto gli indugi al rientro da Dubai. Appena ha avvertito un piccolo scricchiolio del brasiliano, ecco la decisione: Kalac in porta. La sua prova è un urlo liberatorio: «Ci sono e sono in gamba», sembra gridare l’australiano ai suoi. E infatti si lascia ammirare per una sequenza di decisive parate (su Pepe, Quagliarella e Di Natale) che lo eleggono a protagonista decisivo del successo milanista. Oggi Dida vola ad Anversa da Maertens: ad di là di ogni diagnosi dell’ortopedico belga, resta un punto.

Se Dida non è al massimo della performance fisica, non gioca più. E Kalac non fa più paura come un tempo. Anzi sembra diventato una garanzia. Una polizza sull’inseguimento al quarto posto che riprende mercoledì sera a Bergamo.

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