Igor Principe
Un concerto per Milano. Per raccontarne la storia affidandosi a ciò che nell'evoluzione della cultura - e nei pensieri di chi ne fruisce - è sempre più imparentato: musica e poesia.
Che ai cantautori si guardi come a nuovi poeti, è un fatto difficile a negarsi. E che Milano, al cantautorato, abbia dato un apporto tale da potersi trasformare, pur senza atti costitutivi formali, in una cosiddetta "scuola" (con Gaber e Jannacci come numi tutelari), è un altro fatto che regge alla prova della verità.
Quell'approccio e quella scuola sono alcuni degli elementi su cui si fonda Cuore a nudo, in scena al teatro Leonardo da stasera a sabato 13. Il suo regista, Francesco Frongia, lo definisce un esperimento. «Musica e versi sono in sintonia - spiega -, e da quella sintonia siamo partiti per creare uno spettacolo in cui la canzone si alterni al verso recitato in modo del tutto particolare. Cioè intersecandosi, come se l'una prendesse alimento dall'altro e viceversa, senza soluzione di continuità».
Chi abbia assistito a La costruzione di un amore, show diretto sempre da Frongia nel 2001 all'allora vivissimo Teatro di Portaromana, indovina al volo l'idea del regista. Due voci si inseguono: mentre la prima canta un brano, la seconda vi si inserisce recitando il verso di un poeta e innestando un nuovo sentiero narrativo su quello musicale. Che poi, a sua volta, si inserisce nella poesia, aprendo una nuova strada. Quel che ne nasce è il ritratto artistico di un tema: allora si trattava dell'innamoramento, visto attraverso l'opera di Pedro Salinas, il cui versi erano l'ossatura della voce recitante; adesso, s'è detto, è Milano. Le sue strade, le sue atmosfere livide e intense, la sua memoria.
Cuore a nudo è, nella forma, un'ideale prosecuzione di quanto accadde cinque anni fa. I protagonisti sono i medesimi: Ferdinando Bruni come attore, Giò (al secolo Mauro Ermanno Giovanardi) come voce musicale. Mestiere che ordinariamente esercita per i La Crus. Accanto a loro, Fabio Barovero (pianoforte e fisarmonica), Paolo Milanesi (tromba) e Lorenzo Corti (chitarra).
«Non c'è innamoramento, in questo caso - prosegue Frongia -. Meglio, c'è una dichiarazione di amore per una città e per quello che è stata in particolare dal dopoguerra a oggi, perché è da lì che partiamo. È una dichiarazione fatta con parole talvolta dure: penso a Achtung, di Giancarlo Maiorino, o a La gronda di Franco Fortini. Testi da cui emerge uno spaccato politico sociale di Milano che contribuisce a formare l'identità del nostro racconto poetico».
Un arco temporale lungo sessant'anni, per scoprire la città di allora e capire quella di adesso. Senza tuttavia obbedire a rigori campanilistici. Tra i poeti targati Milano, oltre ai citati, c'è Patrizia Valduga; e tra i cantanti Ivan Della Mea. Ma ci sono anche Paolo Conte, Luigi Tenco, Fabrizio De André, i Mau Mau, gli stessi La Crus.
A tenerli insieme, e a unirli sotto il capello dell'omaggio alla città, è il prestarsi delle loro poesie e delle loro canzoni a essere intessute nella tela immaginata da Frongia, dove l'ordito essenziale è la perfetta concordanza di ritmo e significato tra i momenti testuali e quelli musicali. In una trama tuttavia diversa da quella ordita nel recital dedicato a Salinas.
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