Se la faccenda non fosse così tremendamente seria, se non entrasse nel vivo delle nostre coscienze e non chiamasse in causa i principi del diritto naturale, verrebbe da dire che chi la fa l'aspetti. Non era bastata, al Procuratore generale Piero de Preti, la condanna a un anno e otto mesi inflitta in primo grado a Giovanni Petrali, il tabaccaio che difese la propria vita e quella di sua moglie reagendo a una rapina a mano armata. In Appello il Procuratore aveva invocato la condanna a nove anni e sei mesi di carcere, che per un imputato di 77 anni significava grosso modo l'ergastolo.
La Corte, come abbiamo visto, l'ha invece mandato assolto e assolto proprio in virtù di quella legittima difesa da noi raramente riconosciuta perché sbrigativamente assimilata alla legge del far west. Una legittima difesa sempre vista in senso riduttivo, in eccesso e dunque non giustificabile. Ma che nel caso di Giovanni Petrali è stata, al contrario, interpretata in senso estensivo, come legittima difesa putativa. Il giudice, in sostanza, ha ammesso che probabilmente la situazione di pericolo per la vita dei coniugi Petrali era cessata - cavallo di battaglia dell'accusa in primo grado e della requisitoria del Procuratore generale in Appello - ma l'imputato non se ne è e non poteva rendersene conto. O avrebbe potuto caso mai rendersene conto col senno del poi, buono però per l'accusa nella ricostruzione in aula i fatti. Per la vittima, che alla minaccia di far fuoco se non gli avessero consegnato l'incasso s'è visto puntare una pistola alla nuca mentre col calcio dell'altra il complice massacrava la moglie, un solo senno contava, quello del momento. La soddisfazione che ogni cittadino di buon senso prova per l'assoluzione del tabaccaio milanese è velata da una considerazione che questo caso giudiziario impone. Su un episodio la cui meccanica non conosce zone d'ombra, dove cioè tutto è chiaro, tutto rigorosamente provato, un procuratore ha visto un dolo una colpa gravissima - da parte dell'imputato che né il primo tribunale e tanto meno il secondo avevano rilevato.
Se non avessimo la fiducia che abbiamo nella magistratura verrebbe da concluderne che su banco degli imputati non sedesse Giovanni Petrali, ma l'articolo 52 del Codice penale. Che sotto processo, insomma, fosse il principio della legittima difesa.
Non è così, certo, qui continuiamo a pensar male e dunque a fare peccato, ma non rasserena certo gli animi l'insistente e palese impegno di parte della magistratura nel giudicare le leggi, quando suo dovere costituzionale è di applicarle. In piena indipendenza e autonomia, questo va da sé. Ma, si spera, anche con giudizio.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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