«Quell'uomo non si è qualificato e non ha mostrato alcun tesserino che lo identificasse per un agente di polizia. Ci sono molti testimoni pronti a confermarlo». Nella vicenda del vigile urbano aggredito e disarmato da un gruppo di giovani la notte tra venerdì e sabato a Porta Ticinese spunta, raccolta dal quotidiano Alto Adige, la versione di uno dei tre giovani fermati e denunciati dopo il fattaccio.
Ieri la Procura della Repubblica ha formalmente iscritto i tre giovani nel registro degli indagati con l'accusa di rapina aggravata e resistenza a pubblico ufficiale. È un atto inevitabile per dare il via agli accertamenti tecnici che dovranno ricostruire nei dettagli una dinamica per il momento piena di zone oscure e in cui la versione difensiva dei ragazzi alla fine potrebbe anche reggere. Non si può escludere, almeno per ora, che tutto sia nato da una sorta di malinteso e che i giovani si siano sentiti effettivamente minacciati da quell'uomo sbucato all'improvviso nel buio nel buio. A favore di questa ipotesi c'è anche il fatto che i tre si siano immediatamente disfatti della Beretta sottratta all'agente lanciandola sotto un auto.
La segnalazione della polizia locale di quanto accaduto in via Coni Zugna è stata trasmessa in Procura senza particolare fretta, come se i vertici di piazza Beccaria volessero inquadrare bene l'episodio prima di riferirne alla magistratura. Al pubblico di mistero di turno nella notte non viene comunicato nulla e nulla nemmeno al pm del turno successivo. Solo il terzo giorno, quando l'aggressione al «ghisa» è ormai su tutte le pagine dei giornali, una richiesta di convalida arriva sul tavolo del pm Ilaria Perinu. La richiesta pare riguardi alcuni bicchieri sequestrati nel pub intorno al quale era solito riunirsi il gruppo dei giovani «skater» e che alcune segnalazioni degli abitanti della zona indicavano come punto di partenza delle spedizioni vandaliche ai danni delle auto in sosta.
Se quelle segnalazioni sono sicuramente il punto di partenza dell'intervento della polizia locale, saranno le indagini a dover capire chi abbia poi disposto l'invio della pattuglia e se le modalità (un solo equipaggio e in borghese) fossero note ai capi. I due agenti, un uomo e una donna, pare avessero deciso di muoversi come una coppia per poter scattare delle foto senza destare sospetti. Ma qualcosa è andato storto, l'uomo è stato aggredito e ha messo mano alla pistola mentre la collega si allontanava in cerca di aiuto.
Nell'intervista all'Alto Adige, il membro del gruppo insiste a lungo sulla versione dell'equivoco: «Non sapevamo chi fosse
quell'uomo, ad un certo punto ha estratto una pistola. Noi ci siamo subito mossi per cercare di disarmarlo, ma non è stata un'aggressione, nessuno voleva picchiarlo: volevamo solo togliergli la pistola perché eravamo spaventati».
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