"Dopo Aldo e Giovanni torno al monologo per... rifarmi un'anima"

Giacomo Poretti salirà sul palcoscenico con un testo di Doninelli: "Si ride e si riflette sull'Assoluto"

"Dopo Aldo e Giovanni torno al monologo per... rifarmi un'anima"

Si parte da lì, e si torna lì. Per un attore, soprattutto comico, il monologo è ciò che gli antichi greci definivano l'archè, il principio di tutto. Giacomo Poretti - membro dello storico e amatissimo trio Aldo Giovanni e Giacomo - approfitta dell'occasione (di cui parleremo dopo) per tornare al centro del palcoscenico in solitudine, armato di un testo da lui stesso scritto e modellato insieme a Luca Doninelli. Si tratta di Fare un'anima, divertente ma non superficiale riflessione sull'esistenza o meno dell'anima, e sul suo senso. La piéce, per la regia di Andrea Chiodi, è attesa a Milano al Teatro Leonardo dal 15 al 25 novembre prossimi.

Giacomo, perché questo testo e perché ora?

«Dopo la tournée del 25esimo di carriera insieme, il patto con Aldo e Giovanni, è stato: liberi tutti. Per due anni ricarichiamoci, prendiamo appunti e facciamo quel che vogliamo. Poi torneremo, con un film. Come tanti comici coi monologhi ci avevo provato agli inizi, ma con scarsi risultati. La mia vita artistica è cambiata con quegli altri due».

Da dove nasce l'idea di Fare un'anima?

«L'idea mi frulla in testa da quando nacque mio figlio Emanuele, tre anni fa. In quell'occasione in ospedale un anziano sacerdote disse a me e mia moglie: bene, avete fatto un corpo, ora dovete fare l'anima. Quella frase mi colpì profondamente».

Nel 2015 lei aveva pubblicato il romanzo Al Paradiso è meglio credere, il cui titolo evocava la famosa tesi di Pascal sulla fede. L'argomento la tocca da vicino?

«Sì, ma in fondo questo spettacolo, pur rimanendo divertente, nasce dalle domande che ci facciamo tutti, credenti e non. Vivere è bello ma è anche fatica, naturale chiedersi se abbiamo un'anima e se questa, poi, resterà».

Ridere e riflettere, magari convertire?

«Non sono qui per convertire nessuno, figuriamoci. Ma se qualcuno, con lo spettacolo, si mette a riflettere sulle cose cosiddette ultime è solo un bene. E poi, pensiamo a Woody Allen: l'umorismo riesce a spiegare anche le cose più scomode, come la morte».

Insomma, se esistono due temi tabù nei salotti mediatici contemporanei sono la morte e la fede, e lei li affronta. Che coraggio.

«Sì, l'anima è il concetto più antimoderno oggi. Per le domande importanti in fondo c'è pronto a rispondere «Siri» dallo smart phone. Siamo convinti che ogni esigenza possa essere risolta dalla tecnologia. Ma non sarà mai così».

L'anno prossimo, a parte il teatro, avrà più tempo libero. Si dedicherà alla sua Inter? Ha assorbito la botta dell'arrivo di Cristiano Ronaldo alla Juve?

«Non mi dispiace sia arrivato in Italia e sa perché? Perché smuoverà l'orgoglio di tutti gli altri, a partire da noi interisti. Non siamo battuti a priori, vediamo come va».

Aldo Giovanni e Giacomo, nonostante il sudista Aldo, sono diventati un simbolo di Milano: che rapporto ha con la nostra città?

«Io vengo dalla zona di Legnano, sono dunque un milanese adottato.

Oggi Milano è riuscita a darsi anche un volto turistico forte, che prima non aveva. É la seconda città più visitata d'Italia dopo Roma, davanti a città d'arte come Firenze e Venezia. Ecco, ha trovato un'amica turistica. L'importante è che non perda quella dell'accoglienza».

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