Anche Noemi Manolo, presidentessa dellAnif, lAssociazione nazionale italo-filippina, ha ringraziato gli investigatori del commissariato Monforte-Vittoria: «Con questa operazione - ha spiegato - non ci sentiamo stranieri in un Paese che consideriamo nostro». Nel quale però, aggiungiamo noi, la comunità straniera più numerosa, meglio integrata e affidabile (forse anche perché, perlopiù di fede cattolica) troppo spesso forse non viene trattata e difesa come merita. Sono stati circa trecento, infatti, i filippini, che avevano richiesto erogazione di prestiti a una finanziaria con ufficio a Milano (rivelatasi poi fittizia) e sono stati truffati da due loro connazionali e da tre italiani, tra cui un dipendente di una banca, che hanno intascato quasi 1 milione di euro.
I cinque responsabili della truffa sono indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata. Per ora al commissariato sono arrivate circa 150 denunce da parte di filippini che hanno subito il raggiro, ma gli investigatori ritengono che i truffati siano almeno il doppio. Anche lAnif ha ricevuto numerose segnalazioni riguardanti la truffa e ha collaborato con la polizia.
Stando a quanto ricostruito dalle indagini, la finta finanziaria, chiamata Calafin e con sede in un appartamento di corso di porta Ticinese, era gestita da un milanese di 50 anni, Roberto C. e da due coniugi filippini, Victor L. e Angels L. I clienti filippini si rivolgevano a loro da tutta Italia per chiedere prestiti dai 2.500 ai 5.000 euro.
La Calafin si rivolgeva poi a una finanziaria milanese, parte lesa della truffa, che erogava i finanziamenti. I soldi, però, venivano incassati dagli indagati con la compiacenza del dipendente di unagenzia bancaria milanese, Corrado R. di 50 anni, e di un mediatore, Domenico R. Chi aveva chiesto il prestito, invece, non riceveva alcunché.
La truffa andava avanti dalla fine del 2006. I clienti raggirati, residenti in Lombardia, ma anche a Bologna e Torino, si sono resi conto di quel che stava accadendo quando hanno ricevuto i primi bollettini della finanziaria milanese che effettivamente aveva accreditato i soldi, che loro però non trovavano sui loro conti correnti.
Ad incassare gli assegni erogati dalla società milanese era, infatti, il mediatore della falsa finanziaria che si presentava in banca. Allo sportello il cassiere compiacente gli faceva incassare i soldi, anche se lassegno era intestato ai clienti.
I due coniugi filippini hanno precedenti penali per truffa, mentre i tre italiani sono incensurati.
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