Baristi anti slot machine e la minaccia del racket

Dopo l'esplosione nel bar del quartiere Stadera, i sostenitori della «linea etica» temono ritorsioni

Il racket dei video poker gira veloce come le finestrelle delle slot. Finché sul display della macchinetta-mangiasoldi appare una bomba. Come quella che, qualche sera fa, ha distrutto un bar allo Stadera. Poteva essere una strage. L'esplosione ha divelto la saracinesca scaraventandola sul lato opposto del marciapiede e abbattendo la fermata della linea 1. Lì, 20 secondi prima dello scoppio c'era una coppia di fidanzati con il loro cane: «Per fortuna è arrivato l'autobus, altrimenti saremmo morti...».

È un bar speciale quello fatto saltare in aria. Uno dei pochi a Milano a rifiutare le slot. Un optional che assicura guadagni lucrosi e sicuri. Un affare per chi non si fa troppi scrupoli. Quasi impossibile dire no. Il Wi-fi café di via Volvinio 34, forse, ci aveva provato. «Non me la sentivo di vedere persone rovinarsi la vita schiacciando quei maledetti bottoni» aveva detto in più occasioni Ivan Baldi, 38 anni, titolare del Wi-fi café: un locale dal passato burrascoso (prima si chiamava Seven caffè ed era gestito da una famiglia che ha avuto non pochi problemi con la giustizia) rilevato l'anno scorso da Baldi, ma già intenzionato a disfarsene.

Ora anche un altro manipolo di «no slot» vive nel terrore che il proprio bar faccia la stessa fine del Wi-fi café. Qualcuno accetta di parlare con noi: «Ma niente nomi sul giornale, per favore». Ci si sente in pericolo, minacciati. «Nella giungla dei video poker si muovono due mondi paralleli - ci spiegano -. Il primo è legale, con slot - per così dire, «di Stato» - con meccanismi di gioco regolari e fiscalmente monitorati; il secondo è fuorilegge, con impianti gestiti dal racket e software taroccati in modo da far vincere sempre il banco. Sono queste le macchinette che garantiscono agli esercenti enormi margini di guadagno, con il «piazzista» del racket che offre gratuitamente le slot abusive (per quelle ufficiali si pagano all'erario affitto e tasse) e ogni settimana passa a ritirare la sua parte di incassi. La percentuale viene pattuita di caso in caso, in base al numero di slot «in carico» all'esercizio e alla quota di introito. Ci sono bar (ma ormai le slot si trovano anche nelle tabaccherie, nei pub e finanche in negozi «insospettabili», ndr ) dove dietro tendine e separè si trovano in fila decine di video poker. E, in questi casi, si possono ottenere introiti enormi che rappresentano la prima voce «attiva» dell'intero fatturato del locale. Tradotto: che ci sono baristi che guadagnano più con le slot che vendendo caffè, gelati, panini e aperitivi.

A tutto questo il titolare del bar si era opposto. Aveva messo sulla vetrina del locale l'autoadesivo identificativo della campagna no-slot. Come lui hanno fatto un'altra ventina di commercianti. Per il Comune di Milano si tratta di «esercenti benemeriti». Per il racket si tratta invece di «infami». Da castigare, per dare l'esempio.

L'azione intimidatoria, e sempre più violenta, sta ottenendo risultati: quasi tutti i bar gestiti da cinesi sono in mano al racket delle slot. Gli italiani resistono, ma anche loro vivono in una zona d'ombra bordenline. I fautori della linea «etica» sono pochissimi, ma ci sono: «Non c'è la facevo più - racconta un “pentito“ - a vedere anziani e giovani dilapidare pensioni e risparmi, ormai malati di ludopatia. Schiavi del vizio dell'azzardo. Gente di ogni tipo: dalla casalinga che si gioca i soldi della spesa o dell'affitto, al balordo che “reinveste“ denaro sporco. Poi, un brutto giorno, tutti vanno fuori di testa, diventando violenti. Individui che non capiscono che con quelle macchinette stronze non vinceranno mai un euro.

E invece sono sempre lì, attaccati a un sogno diventato incubo». Ma da oggi l'incubo è anche dei baristi «etici» nemici delle macchinette. Con coraggio mettono alla porta gli esattori del racket. Pronto però a vendicarsi. A colpi di bomba. Per dare l'esempio.

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