Ruchè, il vino che grida: “Viva il parroco!”

Una Docg piemontese che deve la sua rinascita a don Giacomo Cauda, che ne recuperò un vigneto negli anni Sessanta. E che è stata portata al successo da Luca Ferraris di Ferraris Agricola, che di questo vino che ha “la piacevolezza di un Pinot Nero l’eleganza del Nebbiolo” produce alcune etichette memorabili. Come il Vigna del Parroco e come l’Opera Prima Riserva

Ruchè, il vino che grida: “Viva il parroco!”
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“Il Ruchè di Castagnole Monferrato è un vino che si distingue per le originali note floreali e speziate, che lo rendono inconfondibile, e per la capacità di dare vita a vini profumati e freschi in gioventù o complessi e strutturati nelle versioni invecchiate. Speciale è anche il significato che esso ha per il tessuto sociale locale: il Ruchè oggi rappresenta l’elemento identitario e l’attività economica più florida della bellissima area del Monferrato in cui ci troviamo”. Parole di Luca Ferraris, titolare della Ferraris Agricola, l’azienda da lui rilevata all’inizio del millennio, quando perfino nella vicina Torino nessuno conosceva questo vino, e che ha avuto un ruolo decisivo nella sua affermazione.

Ferraris non parla volentieri del suo passato, pur essendo la sua azienda di origini familiari. Preferisce concentrarsi sul futuro di un vino che è forse la sorpresa più piacevole dell’enologia piemontese contemporanea e che trae origine dal vigneto recuperato negli anni Sessanta da don Giacomo Cauda, parroco di Castagnole Monferrato, e a cui ora è dedicata una delle etichette di Ferraris.

Oggi l’azienda possiede 35 ettari di vigneti di proprietà: il nucleo originario è composto da 25 ettari che si trovano tra i comuni di Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno e Scurzolengo, a cui vanno aggiunti i due ettari della Vigna del Parroco a Castagnole Monferrato, acquisita da Luca Ferraris nel 2016, unico cru del Ruché di Castagnole Monferrato Docg, i 6 ettari della tenuta di Ca’ Mongròss a Montegrosso d’Asti, dedicati alla Barbera, e i 2 ettari della Tenuta Santa Chiara a Monastero Bormida, in cui si coltivano Pinot Nero e Chardonnay destinati all’Alta Langa.

Di recente ho avuto la possibilità di riassaggiare due vini. L’Opera Prima è il primo Ruchè Riserva della storia, dal vigneto Bricco della Gioia, su un terreno sciolto, ricco di calcare e molto povero così da non portare troppo vigore alla vite. L’altitudine e l’esposizione a sud ovest permettono di concentrare l’energia solare e fare arrivare le uve a perfetta maturazione. Un vino che fermenta in acciaio e poi fa due anni di tonneaux e poi un anno di riposo in bottiglia. L’annata 2020 si presenta rosso rubino intenso, con un naso di piccoli frutti rossi che con il passare del tempo evolve in note speziate e terziarie, con la vaniglia data dal legno perfettamente amalgamata al resto, e poi cacao, tabacco, caffè. In bocca il vino esibisce grande eleganza e struttura con tannini vellutati e un equilibrio di fondo.

Il Vigna del Parroco è un Ruchè di Castagnole Monferrato Doc di maggiore semplicità, anche grazie a una formazione più svelta: con un invecchiamento in tonneaux di sei mesi per un quinto della massa. Colore rosso rubino profondo, naso di viola e di frutti rossi con una piacevole scia balsamica, sorso elegante e “piemontesissimo”. Un vino che però ha soprattutto nella storia unica il suo punto forte che ne fa un simbolo di tutto il territorio.

Gli altri Ruchè aziendali sono il Sant’Eufemia, dall’omonimo vigneti, versione fresca e immediata, il Clàsic, che è l’interpretazione più equilibrata, e il Castelletto di Montemagno una Riserva moderna da uve coltivate sulla cresta della dorsale che segna il confine tra Viarigi e Montemagno, con esposizione a sud e sud-ovest, l’altitudine medio-alta e i terreni marnosi. Gli altri rossi sono le Barbera La Regina, Del Martìn e Viti Centenarie. Poi ci sono i bianchi Sensazioni e Bisou, due Piemonte Doc da uve Viognier, il Moscato d’Asti Docg Il Giaj e gli spumanti della Tenuta Santa Chiara Alta Langa, Blanc de Noir e Rosé de Noir.

Il Ruchè di Castagnole Monferrato è una piccola Docg che si estende su sette comuni dell’astigiano (Castagnole Monferrato, Grana, Montemagno, Portacomaro, Refrancore, Scurzolengo e Viarigi) inclusa tra le denominazioni gestite dal Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato. Una denominazione speciale perché il Ruchè è uno dei rari vitigni che può essere prodotto e riportato in etichetta solo nel territorio autorizzato dalla Docg. È una varietà semi aromatica a base terpenica, che discende da incrocio tra la Croatina e la Malvasia aromatica di Parma. L’uva è ricca di polifenoli, in particolare tannini, e a maturazione presenta un notevole accumulo di zuccheri. Viene vinificata in rosso per ottenerne un vino secco, leggermente aromatico, con sentori di rosa, viola e spezie, dal colore rosso rubino, di buon corpo e lieve tannicità.

Luca Ferraris lo descrive così: “Il Ruchè al naso sembra per eleganza un bianco del Trentino-Alto Adige mentre in bocca è un vino caldo ed equilibrato come i grandi vini piemontesi”. Insomma un vino che ha la piacevolezza di un Pinot Nero e l’eleganza di un Nebbiolo.

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