«Sea deve rimanere pubblica». E perché? Questo Roberto Maroni non lo spiega. Rispondendo alla proposta del presidente del Consiglio regionale Raffaele Cattaneo, di vendere la società di gestione degli aeroporti milanesi alla Etihad, compagnia aerea degli Emirati prossima padrona di Alitalia, il presidente della Lombardia viene preso da un incontrollabile impulso statalista. L'idea di Cattaneo nasce dalla constatazione che il nuovo proprietario arabo della ex compagnia di bandiera punterà tutto su Fiumicino, ma se diventasse padrone anche della Sea avrebbe interesse a valorizzare Malpensa. A molti la proposta è sembrata più provocatoria che reale, utile comunque a riaprire il dibattito sul precario futuro dell'aeroporto che voleva essere un hub e non c'è riuscito. Utile anche per ricordare, anche ai due interlocutori, che in realtà il rapido e fino ad ora inesorabile declino di Malpensa è cominciato anni fa, nel 2008 quando, col primo tentativo di salvataggio di Alitalia con la cordata Cai, la maggioranza relativa del capitale e il sostanziale controllo della compagnia furono ceduti a Airfrance che aveva tutto l'interesse a soffocare nella culla lo scalo bustocco per valorizzare quello parigino. Da allora Alitalia è tutta a Fiumicino e Malpensa, mai amata dalla compagnia tricolore e dai suoi romanissimi dipendenti, ufficialmente non è più un hub. A quel tempo il leghista Maroni era al governo, ottimo ministro degli Interni, e il pidiellino Cattaneo era ottimo assessore ai Trasporti nella giunta di Regione Lombardia. Solo il secondo ebbe un flebile moto di reazione al «malpensicidio». Tutti gli altri, a cominciare dal presidente della Sea, il leghista Giuseppe Bonomi, molto vicino a Maroni e teoricamente il più penalizzato, sembrarono rassegnati. Forse tutti pensavano che salvare Alitalia fosse più importante che rilanciare Malpensa. Ma si sbagliavano, perché Alitalia potrà tornare a crescere solo se e quando punterà sullo scalo con maggiori potenzialità di traffico sia passeggeri sia merci. Dire che ora l'aeroporto della brughiera rischia di perdere il suo ruolo di hub, ufficialmente perso da almeno 5 anni, è semplicemente ridicolo. E anche un po' ipocrita. Bisognava, semmai, muoversi prima, cercare di portare a Malpensa più traffico e soprattutto una compagnia interessata a farne un suo hub di riferimento. Un tentativo in questo senso lo fece Lufthansa, la compagnia tedesca che adesso denuncia «aiuti di Stato» sugli accordi Alitalia-Etihad: con Lufthansa Italia voleva farne un suo terzo hub, dopo Francoforte e Monaco, ma fu un tentativo velleitario che durò meno di due anni. Se le cose stanno così non si capisce a cosa serva mantenere pubblica la Sea, come pretende Maroni, visto che la proprietà pubblica non ha mostrato alcun reale interesse e alcuna concreta capacità di restituire a Malpensa il rango che gli spetta. Ora, da sette mesi, il presidente della Sea è Pietro Modiano, ex banchiere e uomo di sinistra, voluto dal Pd e dal Comune di Milano che di Sea ha la maggioranza assoluta. Del suo impegno, dei suoi tentativi di recuperare il terreno perduto non si hanno notizie.
A maggior ragione ci chiediamo perché Maroni sia tanto perentorio nell'intimare «Sea deve rimanere pubblica», visto che la Regione non ha un'azione di Sea. Un tempo, molto tempo fa, la Lega era una forza liberista, ora sembra convinta del primato della proprietà pubblica.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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