«Non possiamo accettare la bruttezza, io sogno cittadini orgogliosi di avere luoghi di culto belli e aperti. Ora alcuni spazi non sono adeguati, in sottoscala o garage, li vorrei vedere chiusi e spostati in luoghi dignitosi. Mi sto adoperando». Ma «sulla sicurezza non c'è alcuna emergenza». Lo garantisce Sumaya Abdel Qader, ex dirigente dei centri islamici di Milano e oggi consigliera comunale, eletta con il Pd. «Per la sicurezza - dice - abbiamo l'ottimo lavoro di Digos e servizi segreti. Sui Milli Gorus (la associazione di via Maderna, ndr) non mi risultano criticità. L'amministrazione è vigile. Quando si parla di sicurezza non si può far sconti a nessuno».
Sumaya Abdel Qader, consigliera eletta col Pd, le piace il Piano delle attrezzature religiose della giunta?
«Lo strumento lo ha voluto la Regione. Nonostante la legge nasca con lo spirito di legge anti-moschee, il problema più grosso oggi lo vivono le Chiese evangeliche. Il piano predisposto dall'assessorato è buono, è un passo avanti. Ad oggi, ma le cose possono ancora cambiare, nel piano ci sono 13 luoghi di culto (di cui 4 moschee) e tre spazi che verranno messi a bando».
La legge non la convince.
«Dobbiamo chiederci se può uno strumento urbanistico limitare la libertà religiosa, come fa questa legge ideologica volta a rendere le cose difficili ai musulmani risultando un boomerang per tutti. La risposta è facile ed è no. Lo dice la Costituzione. Ma la partita è aperta. In tutto ciò devono restare saldi alcuni punti: non si possono tollerare abusi edilizi o luoghi clandestini, ma dobbiamo mettere tutti i fedeli nelle condizioni di avere luoghi regolari e dignitosi. Se dovessimo applicare questa regola a chiese esistenti o sinagoghe, chiuderebbero quasi tutti».
Torniamo al piano e al centro di via Maderna. Milli Gorus è nella lista nera del governo tedesco. Che si fa?
«Un consigliere ha chiesto chiarimenti su Milli Gorus milanese perché il nome della filiale tedesca figura in un documento del governo. Non c'è una lista nera ma un report con pareri su varie organizzazioni che indica i Milli Gorus come realtà conservatrice ma riconosce che ha un respiro sempre più moderato grazie alle riforme interne. Detto ciò, in urbanistica si valutano elementi tecnici. Per la sicurezza abbiamo l'ottimo lavoro di Digos e servizi segreti. Sui Milli Gorus non mi risultano criticità. L'amministrazione è vigile. Quando si parla di sicurezza non si può far sconti a nessuno. Nessuno».
I centri islamici di Milano sono affidabili oggi come sicurezza e dialogo?
«In quei centri si fanno diverse attività: preghiere, orientamento, corsi di lingua e sul Corano, catechismo, conferenza aperte. Molti offrono pasti o pacchi alimentari per i poveri (senza discriminazioni). In generale sono luoghi aperti che promuovono il dialogo. Io ho visitato molte moschee all'estero: capolavori artistici e punti di riferimento per tutti. Non possiamo accettare la bruttezza, io sogno cittadini orgogliosi di avere luoghi di culto belli e aperti. Ora alcuni spazi non sono adeguati, in sottoscala o garage, li vorrei vedere chiusi e spostati in luoghi dignitosi. Mi sto adoperando. Sulla sicurezza non c'è alcuna emergenza».
Ha aderito alla campagna contro la violenza sulle donne con una foto col velo. C'è contraddizione?
«Può apparire così se pensiamo che ci si debba omologare a un certo standard. Chiediamoci se dietro al velo vi è o meno libertà di scelta. Se c'è, non vi è contraddizione. Coprirsi e sentirsi libere può sembrare impossibile eppure è possibile. Il velo crea un cortocircuito perché è visto da molti come strumento di oppressione. E spesso lo è...».
C'è un islam oscurantista.
«In molti paesi si sono radicati regimi autoritari, letture letteraliste della tradizione religiosa con approccio maschilista, patriarcale e misogino, tradizioni che si sono allontanate dallo spirito originale dell'Islam. Ma c'è un grande sforzo da parte di molte donne e di sapienti di capovolgere il sistema religioso autoritario e radicalizzato. Non è facile. Ma va fatto, da dentro, stando in mezzo alla tempesta».
Parliamo di Israele e di Medio Oriente.
«Ogni volta che si parla del conflitto israelo-palestinese mi piange il cuore. Una storia piena di ingiustizie e dolore. Servirebbe un grande sforzo per un passaggio culturale verso una nuova prospettiva che parta proprio dal riconoscimento del dolore di tutte e che riconosca a tutti il diritto di esistere e possedere una terra riconosciuta. Neppure la comunità internazionale riesce a mettere un punto di fine. Anzi, sono ripetutamente disattese le risoluzioni Onu che pare non conti più molto».
Nel recente sit-in, Israele è stato definito «Stato terrorista». Lei è favorevole al boicottaggio? Che ne pensa delle parole di Sala?
«I gruppi che rivendicano i diritti dei palestinesi, cosa più che legittima, sono eterogenei, alcuni sono estremisti e negano l'altro con violenza. È inaccettabile e fa danni alla causa. Al sit-in gli organizzatori si sono dissociati dalle parole violente di una minoranza estremista. Il sindaco fa bene a disconoscere chi usa violenza, se pur verbale. Per quanto riguarda il boicottaggio, credo che nella costruzione di un futuro di pace paghino di più cultura e dialogo, è un processo lungo e complesso».
Il suo bilancio dopo oltre due anni? La sua esperienza politica andrà avanti?
«Sono stati due anni intensi e ricchi anche se all'inizio difficili. Sto ancora imparando. L'opposizione ha inaugurato il mandato urlando. Non me lo aspettavo. Sono idealista forse. Seguo soprattutto la cultura, la scuola, il sociale. Incontro i cittadini, porto la mia sensibilità, cerco di creare ponti.
Spero che la proposta Milano, o modello Milano, sia di ispirazione sul piano nazionale al partito. Voglio un Paese inclusivo, fermo sui principi costituzionali, che sappia riconoscere nella diversità una ricchezza e non una minaccia».
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