LA CITTÀ CHE CAMBIA

LA CITTÀ CHE CAMBIA

Il ponte unisce le due sponde tra viale Gorizia e via Gabriele D'Annunzio, e divide i cittadini. Il copione si ripete, da quando sono cominciati i lavori sulla Darsena: il canovaccio annota le stesse critiche avanzate all'indomani della costruzione del nuovo mercato di piazza XXIV Maggio. Perché lo stile del nuovo ponte che la gru ha sollevato ieri mattina, per posizionarlo lì, alle spalle di piazzale Cantore, è lo stesso: una struttura tutta in acciaio, verde. Fredda, inospitale, stonata rispetto all'anima dei Navigli. Un pugno nell'occhio in uno dei quartieri che più di altri conserva l'identità storica della vecchia Milano, sempre più compromessa, dicono alcuni degli abitanti.

Non sono solo gli attivisti del Comitato Cittadini dei Navigli, che da tempo hanno ingaggiato la battaglia contro il nuovo cantiere. A essere perplessi sono i tanti milanesi che, ieri mattina, passando si sono fermati a osservare gli operai all'opera. C'è un solo aspetto che mette tutti d'accordo: meglio che i lavori vadano avanti, perché il cantiere chiuso e fermo vuol dire solo sporco e degrado. Ci si accontenta.

«Ci sono sempre pro e contro, ma prima era molto peggio, e del resto quando i ponti li fece Leonardo da Vinci l'acciaio non si usava… Io dico che questo cambiamento va bene, sono fiducioso che quando i lavori saranno finiti qui sarà bello», riflette Aldo Turati, che vive in questa zona da 50 anni. «È vero che prima la zona era inguardabile, il lavoro andava fatto, ma non così», gli risponde Natalina Attanasio, titolare di un centro estetico di fronte, in viale D'Annunzio. I due intavolano una discussione. Per la signora Attanasio «i Navigli sono sempre i Navigli. La scelta doveva ricadere su una struttura più romantica, più caratteristica. Invece questo ponte è freddo, non c'entra proprio nulla qui».

La pensa così anche da Andrea Luvero, 33 anni, autista che abita in via Vigevano: «L'acciaio sarà forse resistente, ma non è il materiale giusto dal punto di vista dell'aspetto. Brutto, come è brutto quello messo sul Naviglio circa un mese fa». La più critica di tutti è una milanese adottiva, Margaret Bagnoll, 66 anni di cui 35 vissuti nel capoluogo, prima di tornare nella terra d'origine, in Inghilterra: «Ho insegnato inglese in una scuola qui vicino per metà della mia vita, ho abitato sempre da queste parti, prima in via Vigevano e poi in via Casale. Non tornavo dal luglio scorso, e oggi che osservo da vicino devo confessarlo: provo una profonda tristezza. Non solo sono in ritardo, e temo che non faranno in tempo per Expo (che inizia tra 97 giorni, ndr), ma mi sembra che non stiano costruendo affatto uno spazio per la gente, a misura dei cittadini. Ho visto quest'area cambiare negli anni, oggi è una delusione». Spezza una lancia a favore dell'opera Giuseppe Catanzaro, 55enne originario di Milazzo, che vive in piazzale Cantore: «Sa come si dice dalle mie parti? “U' criticari è meglio che futtere”. Sì, si dice anche così, mica solo con il “comandare”… Voglio dire: non si può sempre dire ciò che non va, bisogna essere anche costruttivi».

Sarà, ma il quartiere da ieri mattina ha qualcosa in più, e di più concerto, per lamentarsi. d'accordo le code, d'accordo i cantieri infiniti, ma quel ponte verde è un pugno nella faccia per chi ricorda i vecchi Navigli.

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