La Procura di Milano ammette di non riuscire a perseguire i clandestini perché sono troppi. Questo dice, senza troppi giri di parole e senza lesinare l'amarezza, una circolare inviata lo scorso 3 dicembre alle forze di polizia dalla Sezione definizione affari semplici (Sdas) della Procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. Che, per evitare ai giudici di pace di essere «inondati da una insostenibile massa di procedimenti da far approdare al giudizio» - come recita testualmente la circolare - consiglia a polizia e carabinieri di andarci piano con le denunce per il reato di clandestinità. O, comunque, di procedere solo quando è strettamente necessario e in base a indicazioni fornite dalla Procura stessa. Un documento, nell'insieme, sconfortante. Che riassume in una frase la situazione catastrofica in cui si trova la Procura. «Il paradossale (e ingiusto) risultato di tale situazione è che la possibilità per un imputato di immigrazione clandestina di venire concretamente tratto a giudizio resta attualmente affidata al caso».
Una Caporetto in materia di clandestinità, quindi, per lo Sdas, il cosiddetto «ufficio affari semplici»? Sembra proprio di sì. L'ufficio venne creato nel novembre 1999 dall'allora neoprocuratore Gerardo D'Ambrosio con la promessa di sbrigare in 24 ore tutte le denunce riguardanti vicende semplici e di immediata definizione come reati di competenza ex pretorile o le denunce per piccoli furti, ingiurie, diffamazione, omissione di soccorso, ma anche quelle riguardanti permessi di soggiorno e contrabbando.
«(...)Attualmente pervengono alla segreteria dell Sdas - continua il documento firmato dal sostituto Riccardo Targetti - circa 20 notizie di reato al giorno, con punte di 30 e comunque mai sotto le 15. Per fornire un'ulteriore dimensione quantitativa del fenomeno si rileva che, nel corso del 2011, ci sono state complessivamente 2.750 denunce, un dato probabilmente destinato a lievitare (...)».
«Ebbene - si legge ancora nella circolare -, duole ammetterlo, ma né la Procura della Repubblica né l'ufficio del giudice di pace sono in grado di definire» questa mole di procedimenti.
E il documento spiega come, proprio questi procedimenti, richiedano sempre un seppur un breve studio da parte dei vice procuratori onorari preposti a questo compito e citazioni in una lingua comprensibile a imputati che sono, comunque, sempre stranieri. Senza contare che proprio le citazioni avvengono tramite ufficiali giudiziari per soggetti spesso difficili se non impossibili da reperire.
«(...)Tutte fasi - spiegano allo Sdas - che hanno rilevanti costi in termini materiali, temporali e persino pecuniari».
Il risultato è che vista l'impossibilità di arrivare a un giudizio per ciascun procedimento, «una consistente massa di fascicoli» giace negli archivi senza alcuna possibilità di essere presa in esame, mentre altri documenti già pronti per un futuro giudizio «e per i quali si sono spese pure energie materiali/temporali/pecuniarie restano a lungo in attesa del dibattimento, il tutto in un trend di costante crescita».
La circolare termina elencando i casi in cui si ritiene che il reato non sussista e suggerendo alle forze dell'ordine «pur nell'ovvio rispetto dell'autonomia istituzionale» quando è possibile non denunciare lo straniero.
E la lotta all'immigrazione clandestina fatta finora è stata tutta inutile?
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