Un mix di succhi gastrici esonda sulle pagine dei quotidiani di area dem e nei programmi tv che tifavano Harris e ne prevedevano il trionfo. Il tycoon risorto è uno spettacolo insopportabile che disgusta i palati fini e alimenta il trattamento più severo, l'insulto personale al limite del body shaming, esteso anche ai parenti di terzo grado e a chi sta attorno a Trump. Per la Stampa trattasi di un «buzzicone», osserva con ribrezzo Maria Laura Rodotà guardando «il suo corpo flaccido, la sua volgarità, la repulsione che suscita nella gente dabbene», non solo lui ma pure quell'altro, «un pelato che sembra Bandecchi» e invece è Dana White, Ceo della Ufc (Ultimate Fighting Championship) e vecchio amico di Donald. Uno del «clan», perchè la famiglia, moglie, figli, nipoti, generi e conoscenti di Trump non sono parenti o amici, ma sempre «membri del clan», come si conviene ad un delinquente. È proprio così, in effetti, che lo saluta Lilli Gruber, aprendo con malcelata mestizia la puntata di Otto e mezzo sul voto Usa: «Per la prima volta negli Stati Uniti viene eletto un pregiudicato ed è tra l'altro ancora sotto inchiesta su vari altri procedimenti». Uno dei suoi ospiti, Beppe Severgnini, completa il profilo criminale del rieletto presidente Usa: «Collerico, anziano e totalmente imprevedibile. Un uomo che ha evidenti tendenze autoritarie. Ci siamo messi su una strada molto pericolosa per i prossimi quattro anni», prevede il giornalista.
Sempre sul giornale di Elkann, Alan Friedman analizza le ragioni della «penosa» sconfitta di Kamala, ma si contiene, per dare invece i numeri a La7, dove paragona Trump a Hitler e Elon Musk a «suo Goebbels», il ministro della propaganda del Terzo Reich. Accostamento che prende alla sprovvista persino David Parenzo, che pure apre il suo programma con una grande immagine di Trump e la domanda apocalittica: «Ci dovremo chiedere se questa sarà davvero l'epoca del caos globale». Tutto ciò parlando di un presidente al suo secondo mandato. Per Repubblica, che apre con uno zoom sullo sguardo torvo di Trump, la sua resurrezione è una «minaccia eversiva permanente» scrive l'ex direttore Ezio Mauro, mentre il prossimo vicepresidente J.D. Vance è «un cafone». Concita De Gregorio si rassegna al fatto che ormai «a tutte le latitudini vince il voto irrazionale, nel senso di un voto determinato non dalla logica ma da sensazioni, suggestioni, sentimenti primari come la paura, appunto, la rabbia, il risentimento, l'odio». Anche le minoranze hanno deluso Repubblica, quegli ispanici e latini che al 54% hanno votato il tycoon, «evidentemente condividono nella loro maggioranza l'idea patriarcale e machista di Trump».
Per il Domani di De Benedetti inizia «l'era della paura», le politiche di Trump «metteranno in pericolo la democrazia negli Usa e le relazioni con l'Europa». La strada che indica Donald per gli americani è «greve e spaventosa, ma è capace di parlare ai bifolchi» che l'hanno votato. Il Corriere della sera, con Aldo Cazzullo, spiega che gli americani non hanno votato Trump nonostante la sua «maleducazione» e «rozzezza», ma proprio per quelle. «Trump torna come il conte di Montecristo senza rinunciare a nulla, anzi mostrandosi ancora più rozzo, volgare, aggressivo.
Gli americani volevano al posto di comandante in capo un uomo non una donna percepito come forte, o almeno come imprevedibile: il cane pazzo che nessuno molesta perché nessuno sa come reagirà». Anche Elon Musk è in cima alla black list: per Giannini è «l'oligarca in chief» (oligarca come i russi, amici di Putin). Fa ancora meglio la Stampa, rifacendosi a Star Wars: «Musk, il lato oscuro della forza».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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