La lettera del preside agli studenti: "Leggete Manzoni e riscoprite la socialità"

Il preside del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Milano scrive una lettera aperta ai suoi studenti: "Imparate dalla peste raccontata da Manzoni"

In foto, il preside Domenico Squillace
In foto, il preside Domenico Squillace

"La peste che il tribunale della sanità aveva temuto che potesse entrar con le bande alemanne nel milanese, c’era entrata davvero, come è noto; ed è noto parimente che non si fermò qui, ma invase e spopolò una buona parte d’Italia". Comincia con una lungimirante citazione manzoniana, la lettera aperta che Domenico Squillace, preside del Liceo Scientifico Alessandro Volta di Milano, ha indirizzato ai suoi studenti.

Si tratta dell'incipit al capitolo 31 de I Promessi Sposi, il celebre romanzo di Alessandro Manzoni, ambientato durante l'epidemia della peste che si abbattè proprio sul capoluogo lombardo tra il 1629-1633. Così, nei giorni in cui l'emergenza coronavirus paralizza la città meneghina, il dirigente scolastico rispolvera un classico della letteratura italiana che, mai come in questi, appare di strettissima attualità. Nelle pagine sempiterne dello scrittore milanese ritornano, tra gli altri, luoghi noti ai frequentanti del Volta (via Ludovico Settala, Alessandro Tadino e Felice Casati) dove fu allestito il lazzaretto che accolse i contagiati dell'epoca.

"Un testo illuminante e di straordinaria modernità", spiega Domenico Squillace che, non a caso, ha scelto l'opera manzoniana per contrastare la frenesia di questi giorni incerti invitando i suoi studenti alla lettura meticolosa del testo. Nella missiva aperta il preside cerca di spiegare ai ragazzi come la scuola sia "una delle istituzioni che con i suoi ritmi ed i suoi riti segna lo scorrere del tempo e l’ordinato svolgersi del vivere civile, non a caso la chiusura forzata delle scuole è qualcosa cui le autorità ricorrono in casi rari e veramente eccezionali. Non sta a me valutare l’opportunità del provvedimento, non sono un esperto nè fingo di esserlo, rispetto e mi fido delle autorità e ne osservo scrupolosamente le indicazioni".

L'emergenza sanitaria ha costretto alla chiusura delle scuole, di ogni genere e grado, nel capoluogo lombardo. Un motivo in più per fare incetta di libri e dedicarsi alla lettura chiarificatrice de I Promessi Sposi: "Dentro quelle pagine c’è già tutto,- spiega Domenico Squillace all'AGI - la certezza della pericolosità degli stranieri, lo scontro violento tra le autorità, la ricerca spasmodica del cosiddetto paziente zero, il disprezzo per gli esperti, la caccia agli untori, le voci incontrollate, i rimedi più assurdi, la razzia dei beni di prima necessità, l’emergenza sanitaria".

Ma più che un invito allo studio, quello del preside è un vero e proprio tentativo di ricondurre alla razionalità nei giorni in cui il rischio di una psicosi collettiva è più che una eventualità remota. "La velocità con cui una malattia può spostarsi da un capo all’altro del mondo è figlia del nostro tempo, non esistono muri che le possano fermare, secoli fa si spostavano ugualmente, solo un pò più lentamente. - continua - È l’avvelenamento sociale dei rapporti umani, l’imbarbarimento del vivere civile il pericolo più grande. L'istinto atavico di quando ci si sente minacciati da un nemico invisibile: quello di vederlo ovunque, di guardare ad ogni nostro simile come ad una minaccia, come ad un potenziale aggressore".

Tale insegnamento si può trarre, ancora una volta, dalle grandi opere letterarie dell’Italia del passato: "Da Manzoni e forse ancor di più da Giovanni Boccaccio, il cui Decamerone è ambientato proprio in un luogo di quarantena durante l’epidemia di peste a Firenze. Rispetto alle epidemie del XIV e del XVII secolo noi abbiamo dalla nostra parte la medicina moderna, non è poco credetemi - assicura il dirigente -i suoi progressi, le sue certezze, usiamo il pensiero razionale di cui è figlia per preservare il bene più prezioso che possediamo, il nostro tessuto sociale, la nostra umanità".

Nella lettera aperta, Domenico Squillace suggerisce agli studenti di fare tesoro di questa sventurata circostanza cercando, per quanto possibile, di trarne beneficio.

"Uscite, fate delle passeggiate all'aria aperta, leggete. Provate condurre una vita normale", è l'invito che rivolge ai giovanissimi frequentati del Volta. Poi, conclude con una chiosa illuminante: "Se non riusciremo a farlo la peste avrà vinto davvero".

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