Collera islamica anti-Usa: "Corteo fino al consolato americano"

In piazza un migliaio di persone con associazioni palestinesi e moschee cittadine

Collera islamica anti-Usa: "Corteo fino al consolato americano"

La Milano musulmana ha risposto all'appello degli imam. Erano quasi un migliaio i partecipanti al presidio di piazza Cavour, convocato per protestare contro lo spostamento dell'ambasciata americana a Gerusalemme. «Una decisione folle» l'hanno definita i dirigenti dell'Associazione dei palestinesi in Italia, che hanno promosso il presidio nel cuore di Milano, a poche centinaia di metri dal consolato americano, sorvegliato dalle camionette. «Finito il presidio ognuno, anche i prestigiosi imam, si assumano la loro responsabilità - ha detto uno dei capi della protesta - informando sull'importanza di Gerusalemme. Ci troviamo la settimana prossima, inshallah». «Il corteo arriverà al consolato americano» la promessa dei promotori al megafono.

In piazza non c'era la consigliera comunale musulmana (eletta col Pd) Sumaya Abdel Qader, ma a irrobustire la protesta sono scesi in piazza i dirigenti dei centri islamici milanesi. C'era Mahmoud Asfa, direttore e storico leader della Casa della cultura islamica di via Padova; si è visto Abdullah Tchina, che dalle moschee di via Padova e poi Cascina Gobba si è spostato a Sesto, dove adesso guida il centro che ha progettato la più grande moschea del Nord Italia, bloccata dal neo sindaco sestese Roberto Di Stefano e dalla sua giunta di centrodestra. Presente anche Omar Jibril, oggi direttore del coordinamento dei centri islamici milanesi, guidato a lungo da Davide Piccardo. Jibril è un esponente dell'Alleanza islamica d'Italia, sigla dal profilo controverso, essendo comparsa in una lista antiterrorismo governativa degli Emirati Arabi (anche se il presidente dell'Alleanza parlò di accuse infamanti annunciando azioni legali). E in piazza, in mezzo a una miriade di bandiere palestinesi, e oltre alle falci e martello delle sigle comuniste, c'erano anche altri drappi rossi, quelli della Turchia, e a pochi passi dal cuore della protesta, per tutto il pomeriggio ha sventolato una bandiera di «Milli Gorus», sigla turca citata in un'altra lista governativa, quella compilata dal governo tedesco. La filiale italiana e milanese di Milli Gorus fa parte del Caim, il coordinamento milanese.

Nella piazza risuonano gli slogan e le preghiere musulmane. Ma gli slogan evocano «i sassi», dell'Intifada. Al centro della «collera» di questa piazza ci sono gli Usa e Israele. Anzi, gli israeliani: «Vi siete messi in mezzo agli arabi, ma chi vi vuole? - grida una donna al megafono - Andatevene negli Usa. In Palestina c'erano ebrei, era un terra di tutti, il sionismo ha rovinato tutto».

La Comunità ebraica milanese, intanto, segue gli sviluppi in silenzio, e con apprensione ascolta prnunciare parole di odio: «Queste manifestazioni contro la decisione di Trump devono farci riflettere - ha scritto Davide Romano, assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano - Tutti questi militanti dell'islam politico non hanno aperto bocca contro l'autoritarismo di Erdogan, come nulla hanno detto per i

secoli in cui a Gerusalemme non c'era libertà di religione. Oggi, dopo 50 anni di libertà religiosa garantita da Israele, scendono in piazza. La verità è che costoro hanno paura della libertà di religione e della democrazia».

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