Covid, risalgono i contagiati. "Ma per ora nessun allarme"

L'epidemiologo La Vecchia: "Le cause? Subvarianti, minori restrizioni e comportamenti più disinvolti"

Covid, risalgono i contagiati. "Ma per ora nessun allarme"

Salgono i casi di Covid in regione, ma nessun allarme per il momento. Da sabato si è fermato il trend di diminuzione dei contagi, che ha invertito la rotta nella nostra regione. Mercoledì si registravano infatti 5.583 malati (martedì 6.497), rispetto ai 4.713 di una settimana fa.

Il 4,8 per cento dei casi totali sono positivi ovvero 2.622: di questi il 99,2 per cento si trova in isolamento, lo 0,7 per cento ricoverato in area medica e lo 0,1 per cento in terapia intensiva. Salgono i positivi (2.622) che martedì erano 1.570 mentre una settimana fa 2.056. L'andamento in salita si rifletta anche sulla nostra città che registrava ieri 2.023 nuovi casi (2.226 martedì) rispetto ai 1.572 di sette giorni fa.

Al momento, però, i ricoveri continuano a essere in discesa: i malati occupano il 4,4 per cento dei letti disponibili in terapia intensiva (79 su 1.810), contro il picco massimo di 1.381 del 3 aprile 2020. Così i ricoverati in area medica che registrano 794 letti occupati ovvero 186 in meno rispetto a una settimana fa (il picco il 14 aprile 2020 con 12.077).

Cosa sta succedendo? Lo abbiamo chiesto a Carlo La Vecchia, docente di Epidemiologia all'università Statale: «Due sono le risposte possibili entrambe valide: da un lato la riapertura e l'allentamento delle misure. Le scuole, per esempio, sono tornate in presenza così molte attività hanno ripreso, ma sono cambiati soprattutto i comportamenti. Nella prima metà di gennaio stavano tutti a casa, adesso che si è capito che il Covid da omicron è tutto sommato una malattia fastidiosa ma non grave, ci si comporta in modo più disinvolto. Dall'altra parte - continua il docente - circolano due subvariati di omicron ancora più contagiose (si tratta di ba.2 al 34 per cento, ba1.1 al 27 per cento, ba.3 (1 per cento). Non solo, chi è stato contagiato da omicron rischia di prendersi le varianti comunque». Per capire come evolverà la situazione bisogna aspettare due settimane da sabato, quando si è invertito il trend, per misurare gli effetti sui ricoveri: «È possibile - spiega La Vecchia - che l'aumento dei casi possa aver un impatto sugli ospedali, che potrebbe però essere poco rilevante».

L'aver eliminato l'obbligo di mascherine all'aperto incide? «Tutto impatta, qualsiasi allentamento delle restrizioni, oltre al fatto che anche al chiuso si inizia a tenerle a meno. Per quanto riguarda l'ipotesi di eliminare l'obbligo al chiuso il 31 marzo, credo che queste tre settimane saranno decisive - spiega l'epidemiologo - per permettere ai tecnici di capire che misure prendere». Per esempio quando salirono i casi il 16 ottobre, l'impatto si iniziò a sentire sugli ospedali in una settimana: è vero che in quel caso si trattava della variante Delta, molto più aggressiva, «mentre con la prima ondata di omicron che ha coinvolto 8 milioni di italiani abbiamo visto che è il 30/ 40 per cento meno grave. In sostanza se si tratta di poco più di un raffreddore non c'è da preoccuparsi dei contagi» conclude La Vecchia.

Previsioni per l'autunno? «La preoccupazione è che si possa sviluppare una variante contagiosa e soprattutto molto più grave di omicron - spiega l'epidemiologo - il coronavirus non ci abbandonerà il prossimo inverno, il tema è solo capire se sarà appunto come gli altri coronavirus o meno. Anche i piccoli infatti man mano verranno contagiati e si svilupperà un'immunità sempre maggiore» conclude.

«La vaccinazione ha anticipato negli ospedali di tre mesi l'arrivo dell'estate - twitta l'assessore lombardo

al Welfare Letizia Moratti - stagione in cui il virus ci dà un po'di tregua. Il risultato acquisito non deve indurre una falsa sicurezza in chi non ha ancora ricevuto la terza dose o addirittura non si è ancora vaccinato».

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