Una vera e propria veglia di preghiera virtuale, su Internet, oltre alla fiaccolata che stasera, dalle 20.30, partirà dalla parrocchia per le vie di Motta Visconti. Forse sarà proprio la novità del raccoglimento online l'aspetto più strano e sorprendente del cordoglio cittadino che circonda la morte di Maria Crisina Omes, massacrata sabato notte con i figli dal marito. E proprio sulla sua pagina Facebook ora i concittadini rivolgeranno le preghiere.
Dall'altro ieri alle 16 a ieri sera oltre 5mila persone, persino dall'estero hanno visitato il suo sito. Un boom inconsueto in così poche ore per casi tanto delicati e tragici. Hanno postato «mi piace» sulla sua ultima frase. In più di 900 hanno cliccato «mi piace» alla fiaccolata virtuale postata da una delle tante visitatrici. Perché se è vero che la verità fa male ed è difficile da dire, è vero anche che Cristina fino all'ultimo giorno è parsa a tutti sorridente e serena. Ed è vero pure che nel mondo virtuale, ai giorni nostri, ci si lascia andare con maggior facilità.
Proprio così aveva fatto anche lei con parole che tutto lasciavano intuire tranne la serenità mostrata, giorno dopo giorno. E la gente l'ha capito. E proprio là, su Internet, dove lei si è lasciata andare, ha scelto di renderle omaggio. Al contrario la famiglia di Maria Cristina ha parlato in queste ultime ore solo con un biglietto. «La mamma e i parenti di Cristina e dei piccoli Giulia e Gabriele chiedono il rispetto per quanto accaduto alla loro famiglia. Chiedono di essere rispettosi del loro silenzio e del profondo dolore che stanno vivendo».
È quanto si legge su un foglio appeso davanti alla villetta di Motta Visconti dove Carlo Lissi ha ucciso la moglie e i due bambini di 5 anni e 20 mesi. «Ringraziano la magistratura i carabinieri e la polizia locale - si legge ancora sul foglio -. Un ringraziamento va anche al comandante della polizia stradale di Pavia per aver collaborato allo svolgimento dell'indagine». Insomma, non si chiede tanto il silenzio dei media quanto di rispettare il loro dolore. L'esigenza di non parlare e non gridare in un momento così inaccettabile come quello di questi giorni. Zitti tutti anche all'agenzia Sai di Motta, dove Maria Cristina lavorava. Nessuno dei colleghi se la sente di parlare di un'amica che ha perso la vita in un dramma così assurdo.
Cristina insomma è un tabù. Diventa evidente che nessuno parlerà mai di lei alla stampa. Per scelta precisa. Perché «non abbiamo nulla da dire» commentano ancora increduli tutti quelli che si sono ritrovato proiettati in questa tragedia. Nessuno tra i vicini di casa di quella villetta nega però di aver udito le disperate implorazioni, urlate da Cristina che chiedeva aiuto. Quelle sì, le hanno sentite eccome. «Ho pensato fossero le grida di ragazzi che stavano giocando» spiega una donna che abita in una via adiacente.
Testimoni chiave come Paolo Pettinelli e Anna Buratti, che abitano la villa confinante con quella del dramma, hanno raccontato ai carabinieri di aver «sentito la voce di una donna che chiedeva aiuto» pensando prima che si trattasse di ragazzi, anche in questo caso, e poi chiedendosi cosa stesse accadendo. Senza risposta. Intanto Vittorino Andreoli, uno fra i più autorevoli studiosi italiani della psiche, ha commentato: «L'uomo ha assassinato la donna che aveva appena posseduto e, dopo aver ucciso anche i figli, va a vedere la partita. Non perché abbia dimenticato». E ricorda anche un caso celebre del passato: «Anche Pietro Maso, 23 anni fa, andò in discoteca dopo aver ucciso i genitori per l'eredità. Non è follia ma l'incapacità di gestire un no.
Il giorno dopo l'omicidio, a Motta, sempre più gente la pensa così. Proprio per questo in Internet è guerra dichiarata all'uomo che qualcuno ha già definito come un mostro assetato di sangue innocente.
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