La benzina è alle stelle, il gas pure. La situazione del comparto energia, già critica da mesi, ora appare gravissima. Gli effetti della guerra sono pesanti sulle famiglie e pesantissimi sulle imprese, che con toni allarmati chiedono interventi, e i politici cercano rimedi, sui due fronti, a un'emergenza senza precedenti.
Basandosi sui dati dell'ultima analisi del suo centro Studi, Assolombarda parla di un «nuovo shock» nei prezzi delle materie prime e dell'energia, con il gas (+106%) e il petrolio (+22%) aumentati vertiginosamente nelle ultime due settimane, dal momento dello scoppio della guerra di Putin. Per gli imprenditori, il conflitto «aggiunge ulteriori tensioni sui mercati delle materie prime, già fortemente sollecitati dai rincari nel post pandemia.
«Considerata l'importanza della Russia come fornitore globale di risorse naturali - dice Assolombarda - si assiste a un nuovo shock nei prezzi medi sia delle materie prime energetiche sia delle non-energetiche, in particolare frumento (+48%), mais (+16%), legno (+21%) e alcuni metalli». La guerra «sta avendo un impatto molto forte sull'economia e sulle imprese del territorio - ha dichiarato Alessandro Spada, presidente di Assolombarda - andando ad aggravare una situazione già molto critica per quanto riguarda energia e materie prime». Se si dovessero mantenere i prezzi attuali - calcola - l'industria manifatturiera lombarda quest'anno pagherà una bolletta di 11,5 miliardi di euro a confronto con gli 8,3 miliardi stimati a inizio febbraio, prima della guerra e, soprattutto, con un livello nel 2019 inferiore ai 2 miliardi. «Un rialzo enorme che avrà sicuramente impatti sul lavoro di molte delle nostre imprese». «Servono provvedimenti immediati per impedire che le aziende chiudano - aggiunge - e nel medio-lungo occorre puntare a una diversificazione del mix energetico per ridurre la dipendenza da Paesi politicamente instabili. Ora la priorità è garantire la continuità operativa delle imprese».
In tema di carburanti si registra l'iniziativa di Forza Italia, che col responsabile Energia Luca Squeri e il capogruppo Paolo Barelli propone di intervenire sulla base di una norma già esistente. «Si può fare subito - spiega Squeri - con un decreto ministeriale». Barelli e Squeri firmano un'interrogazione al governo, premettono che i prezzi di benzina e gasolio sono aumentati «anche a fronte di un significativo rallentamento del petrolio». L'aumento dei prezzi dei carburanti - riferiscono - ha già generato la riduzione dei volumi di traffico fino al 40%, il fermo dei pescherecci, l'annunciato sciopero dell'autotrasporto. E a ogni aumento riesplode la polemica sulla pesante tassazione dei carburanti, fra Iva e accise. «Le 19 accise esistenti - prosegue Fi - si sono stratificate nel corso dei decenni sotto forma di sovraimposte per sopperire a talune emergenze. La somma ammonta a circa 0,41 euro per litro, a cui si deve aggiungere l'imposta di fabbricazione sui carburanti, che porta il totale finale dell'accisa a 0,7284 euro al litro per la benzina e 0,6174 euro al litro per il diesel».
Ma per Fi, il governo può applicare il meccanismo di riduzione delle accise previsto dalla Finanziaria 2008 «che non comporta riduzioni di gettito per la finanza pubblica».
Con quella legge finanziaria infatti in una situazione analoga fu emanata una disposizione, ancora vigente, che consentiva ridurre le accise a fronte delle maggiori entrate Iva derivanti dalle variazioni del prezzo internazionale del greggio. «Dalle valutazioni disponibili - spiegano - utilizzando tale meccanismo è ipotizzabile una riduzione delle accise intorno ai 20 centesimi per litro».
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