"FdI in salute, ora si rinnovi e faccia chiarezza"

Il deputato: "Mi fido di Carlo Fidanza. In quel video, oscenità che non sono nel nostro Dna"

"FdI in salute, ora si rinnovi e faccia chiarezza"

Marco Osnato, milanese, deputato di Fratelli d'Italia, come è andato il voto?

«Il voto del partito in città è soddisfacente, passiamo da 12mila a 43mila voti, dal 2,4 al 9,8%. Nessuno può negarlo, nel contesto di un risultato che a Milano è negativo, come in altri grandi centri. Poi in Lombardia siamo soddisfatti, a Busto vinciamo al primo turno, vinciamo a Mediglia, a Turbigo, siamo avanti ad Arcore, in Brianza abbiamo punte del 19% a Seveso. Il partito, insomma, è in ottima salute».

Su Bernardo cosa mi dice?

«Lo ringrazio pubblicamente dopo averlo fatto privatamente. Ha avuto un ruolo difficile dati anche modi e tempi sbagliati. Ci sono stati errori, la colpa non può essere data a lui, anzi mi dispiace che un grande medico sia stato dipinto, in modo squallido, come uno scappato di casa. Una vicenda da cui trarre insegnamento».

Però anche il vostro capolista Vittorio Feltri era stato ingeneroso un po' col candidato.

«Sì, Feltri - che sappiamo essere bohémien nelle interviste - ha caricaturizzato la sua opinione. Poi ha rivisto quel giudizio, se pure in modo tardivo, ma come stile è giusto notarlo».

Il voto di lista cosa dice?

«Intanto, la lista era molto più competitiva che in passato, tanta gente ha dimostrato forte radicamento. Mi fa molto piacere che il candidato che insieme a me fa politica da qualche anno, Riccardo Truppo, sia arrivato primo fra i candidati politici. Vuol dire che chi fa politica bene viene premiato. E anche il voto per Mascaretti dimostra che gli innesti possono funzionare».

Il caso Fidanza ha condizionato il voto?

«Sì, nel voto qualcuno può essere stato frenato. Nel merito, al di là delle frasi di circostanza, credo che Carlo dimostrerà che quella è un'ingenuità a cui nessuno ha dato seguito, e nessuno nel partito lo conosce meglio di me. Poi il partito deve fare una riflessione. Alcuni personaggi non fanno parte né della cronaca né della storia nostra, penso che non debbano avere alcuno spazio in un movimento che punta al 20%, che sta coi conservatori europei, che ha una scala valoriale che non contempla quelle oscenità».

Cosa considera osceno?

«Un po' tutto, ma avendo contezza che nulla di illecito è stato compiuto, mi riferisco a inni a Hitler, offese alle persone di colore, battute sugli ebrei. Chi mi conosce sa che sono atlantista e filoisraeliano convinto. Come la quasi totalità dei dirigenti di Fdi».

Ha parlato di conservatori. Che significa? E che significa la Fiamma nel simbolo?

«Guardi, io sono entrato per la prima volta in una sezione del Msi a 14 ani. Da allora non ho mai, dico mai, trovato sentimenti antisemiti o razzisti. Nel Msi, in An, nel Pdl e ora in Fdi. La fiamma rappresenta continuità ideale su altri valori: nazione, coerenza, lealtà, solidarietà. Poi si può tenere o togliere, ma quello è. Poi, certo, credo che si debba lavorare molto sul rinnovamento della classe dirigente, anche su Milano, dove sono stati commessi errori notevoli».

Rinnovare come? In quale direzione?

«An aveva necessità di uscire dal ghetto, raccogliendo esperienze di legittimazione. Dopo quasi 30 anni non può esserci quell'ansia, quella esasperazione di personalismi, quella necessità di evidenziarli, e quei metodi. Abbiamo un leader, Giorgia Meloni, che ha una credibilità anche internazionale. Noi non abbiamo bisogno di legittimazione. Dobbiamo dire basta con l'improvvisazione e i personalismi, lavorare sui dossier, anche in questa città, dando una prospettiva di radicamento e pure di proposta».

Lei disegna un partito di governo.

«Io su questo non ho alcun dubbio, altrimenti non saremmo qui».

Lei crede nel centrodestra?

«Fdi ha dimostrato di essere la forza che più crede nel centrodestra. Siamo stati lealissimi. Poi non siamo per la federazione, siamo per un coordinamento dei gruppi. Salvini per esempio ci ha seguito sulla riforma fiscale. Bene».

Ma vince un'alleanza con guida a destra?

«Io non ho certo paura a definirmi di destra. Poi possiamo dire che siamo, o vogliamo essere, un rassemblement, una destra popolare, interclassista, produttivista anche, al contrario di coloro che rappresentano i garantiti, come il Pd».

Draghi come lo vedete?

«Una figura autorevole, rispettato, anche da noi. Credo però che Draghi avrà un problema a restare troppo a Palazzo Chigi, col Pd che preme. Da qui la necessità di andare al Quirinale».

Quindi al lavoro a Milano per rinnovare?

«La sfida la dobbiamo fare anche e soprattutto su Milano. E l'intenzione è di essere ancora più presenti, sui temi di Milano in particolare».

La Regione

Lombardia?

«Sicuramente qui si è vissuto un periodo di grande difficoltà, uno tsunami cento volte superiore a quello visto altrove. Ma credo anche che debba si riflettere su alcune persone e alcune scelte fatte. E sul futuro».

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