No, non c'è angolo di mondo in cui Beethoven non venga celebrato. Ora in particolare, ora che si va verso i 250 anni dalla sua nascita, esattamente il 16 dicembre del 1770. Una data che sta mobilitando gran parte, se non tutti, degli enti e delle associazioni musicali che contano e possono. In prima fila in Italia c'è sicuramente la Scala con la sua Orchestra Filarmonica, in questa era «governata» dal maestro Riccardo Chailly, che partito già a settembre affronta il ciclo integrale firmato Ludwig. Sarà lui in prima persona, sul podio, ad aprire la Stagione sinfonica 2019/20 - a conti fatti la 38esima - di fronte alla storica compagine del Piermarini: domani sera dalle ore 19,30 nella formula «Prove Aperte», l'appuntamento degli «ultimi ritocchi» e dedicato alla raccolta fondi; e lunedì sera dalle 20 il concerto con lo stesso programma: le Sinfonie 2 in re maggiore op.36 e n.3 in mi bemolle maggiore op.55 Eroica del genio tedesco.
Ma prima di prendere il largo con la musica, un aggiornamento di «cronaca benefica», a proposito dei risultati di «Prove Aperte»: cinque serate che hanno fatto registrare il tutto esaurito, per un totale di 9.858 spettatori, 1.149 carnet acquistati e oltre 123mila euro donati a quattro associazioni che destineranno il ricavato a progetti per l'infanzia in difficoltà. E dopo dieci anni si va avanti così, l'impegno continua. Prosegue anche questa volta, quest'anno con anche la forza della musica beethoveniana, una delle colonne sonore scaligere più gettonate dal pubblico e dalle bacchette. Basta sfogliare la storia del teatro milanese: il rapporto della Filarmonica scaligera con il gigante di Bonn si lega a maestri che hanno segnato il percorso artistico dell'orchestra stessa: la prima registrazione delle Sinfonie in studio (con l'esclusione della Nona) risale a Carlo Maria Giulini, negli anni 1992-93. Riccardo Muti ha diretto l'integrale alla Scala nel 1998. E ancora Daniel Barenboim ha diretto le Sinfonie nel 2011, e i Concerti nel ciclo Beethoven-Schönberg del 2009.
A nove anni di distanza dall'esperienza di Lipsia che aveva dato un nuovo impulso al dibattito estetico e musicologico sull'opera di Beethoven, Chailly torna alle nove Sinfonie con la Filarmonica affrontando nuovamente il ciclo che rappresenta il fondamento del sinfonismo europeo. La visione interpretativa di Chailly restituisce un Beethoven autentico, anticonvenzionale e contemporaneo, sulle orme di precursori come Toscanini, Szell e Gardiner.
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