Quella fotografia tra le parole e i fatti

Accoglienza, solidarietà e accettazione dell'altro. Ma la realtà è fatta di degrado, paura e bugie

Quella fotografia tra le parole e i fatti

Ma si sarà mai mossa di lì, quella disgraziata? Si sarà mai spostata altrove la povera donna trovata venerdì pomeriggio nuda sdraiata per terra in un tunnel della Stazione Centrale? Sì, perché nel novembre del 2013 era esattamente nello stesso punto e nelle stesse condizioni e d'altra parte sono centinaia i senza tetto, i balordi e i tossici che ogni giorno e ogni notte bivaccano nei recessi e negli angoli bui del principale scalo ferroviario della metropoli. Nel frattempo rimesso completamente a nuovo con le sue piazze circostanti e con la stazione delle due linee metropolitane. Ora tutto è bello e pronto per l'Expo, per accogliere come si deve milioni di visitatori da una sontuosa porta d'ingresso. Tutto è elegante e luccicante, come le vetrine dei bei negozi di quello che è ormai diventato anche un altro paradiso dello shopping. Peccato quel paradiso che sia popolato, oltre che da viaggiatori, da accattoni e disperati sparsi qua e là, un po' dovunque.

Quella donna era lì già diciotto mesi fa, ma pare che non la si possa spostare (o anche solo vestire?) contro la sua volontà. Ma forse chi amministra la città non si rende conto che la lotta al degrado non è solo una questione di ristrutturazioni, rifacimenti e belle botteghe. Anche le vetrine di corso Vittorio Emanuele sono bellissime, peccato che su quei marciapiedi si inciampi in un accattone ogni dieci metri, per non parlar dei cosiddetti «artisti di strada», finte statue umane, orchestrine tzigane da centinaia di decibel, rapper e acrobati hip hop fasulli, venditori cinesi che offrono tutti lo stesso foulard e la stessa asta da cellulare per il selfie . Questo è il degrado: questo senso di precarietà e di arbitrio, in un ambiente dove tutto sembra tollerato.

Intanto centinaia di profughi siriani ed eritrei si ammassano sui mezzanini di quella stessa Stazione Centrale, in attesa – ma quanto durerà? – di riuscire a partire per il Nord Europa. Ormai è un penoso spettacolo che si protrae da mesi ma nessuno, né a Palazzo Marino né in Prefettura, riesce a trovare una soluzione sia pure provvisoria ma più dignitosa per i profughi, per chi frequenta la stazione e per chi ci lavora. E ora dall'Eritrea arrivano anche centinaia di bambini e ragazzini soli, nessuno li ha accompagnati sui barconi della morte: bivaccano a Porta Venezia anche loro sperando di trovare la strada per Svezia o Norvegia o Germania. Non è un fenomeno nuovo, non è un fenomeno inatteso ma per i competenti assessori è come se lo fosse. Come non può certo sorprendere una persona seria l'ennesima conferma che black bloc, antagonisti, anarco-insurrezionalisti e violenti di ogni risma, italiani o stranieri trovino ospitalità, assistenza e sostegno nei diversi centri sociali con cui l'amministrazione ama civettare. Far finta di accorgersene solo quando hanno devastato una città è quanto meno ipocrita.

Com'è strumentale mettere il cappello politico e fare della squallida propaganda su una iniziativa del tutto spontanea dei cittadini che subito dopo la devastazione del 1° maggio sono scesi in strada per ripulire. Una dimostrazione di senso civico collettivo trasformata in una manifestazione arancione. E dunque finalmente via i graffiti dai nostri muri grazie al lavoro volontario di centinaia di cittadini, ma attenti a non cancellare quelli «artistici» (e chi lo stabilisce quali sono?) perché sennò, com'è successo con quello di Pao, il Comune deve scusarsi con l'autore e offrirgli un nuovo spazio. Quando si dice avere le idee chiare.

Perché questo è il punto.

Il fatto è che chi governa questa città non sa come affrontare fenomeni nuovi ma previsti o come gestire quelli consueti, scambiando per tolleranza l'acquiescenza, per pacatezza la passività, per condiscendenza il dialogo. Considerando perciò inevitabile il conseguente degrado.

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