Il Fuori Salone della cultura

Una girandola di eventi e di proposte accattivanti. Ma sotto la superficie c'è poco. Eppure...VAI ALLO SPECIALE

Il Fuori Salone della cultura

Le aspettative erano alte. Il filone della cultura, considerato il tema della manifestazione, prometteva d'essere il boccone più gustoso della settimana del design. Le tappe del percorso ideale, suggerito dalle guide e dall'App ufficiale, portavano nomi sinonimo di garanzia: Palazzo Reale, Museo della Cultura (Mudec). Ma la montagna ha partorito il proverbiale topolino. Partiamo da Palazzo Reale: la mostra leonardesca, inaugurata in 16 aprile scorso, in concomitanza con l'avvio della "giostra" milanese, sembrava particolarmente intrigante. E di certo lo è nei contenuti. Purtroppo, una volta giunti all'ingresso del museo, dopo aver superato una lunga coda, ci siamo presto resi conto che a farla da padrone fosse la mancanza assoluta di consapevolezza circa il legame tra l'esposizione e il Fuori Salone.

Il personale che abbiamo incontrato, all'esterno e all'interno del Palazzo, pareva appena uscito da un film di Checco Zalone: caduto dalle nubi. Non si può dire che al Mudec sia andata meglio. Salita la grande scalinata che porta al piano delle esposizioni, pensavamo d'imbatterci in un allestimento grandioso. Invece, una volta abbandonati i corrimano illuminati e il bel colpo d'occhio regalato da mille palloncini colorati al soffitto, siamo stati guidati verso un corridoio defilato. Piccolo, come il banco su cui poggiavano una serie, non certo lunga, di suppellettili. Tutto molto cool. Peccato che il materiale messo a disposizione fosse davvero poca cosa. In fin dei conti non è una sorpresa: il Fuori Salone è soprattutto un brand, un'esca con cui attirare I turisti nei vari distretti della città. Ma è giusto così, purché lo si faccia con un certo pudore.

Come è stato, per esempio, per l'esposizione Sotheby's Parigi a Milano, da Royère a Fontana, e per l'inedita apertura al pubblico dello studio, tutt'ora operativo, dell'architetto Luigi Caccia Dominioni. La prima è una composta fusione tra capolavori di Fontana, complementi d'arredo dal sapore un po' vintage, e oggetti dal design moderno. Tutto in un'ampia sala, nella quale i colori degli elementi conferivano una sensazione di quiete e di equilibrio. La persona che ci ha accolto è stata sorridente, disponibile e sorprendentemente informata sull'evento. Ci ha spiegato che l'inaugurazione della mostra, alla quale seguirà un'asta delle opere, è stata volutamente inserita nel circuito degli eventi legati alla Design Week, per accentuare il ruolo della Cultura, talvolta trascurato in quel contesto. La scelta, azzeccata vista l'ampia partecipazione, ha rotto quella sensazione di approssimazione avuta nelle tappe precedenti. Ancor più coinvolgente la visita allo studio di progettazione del celebre architetto milanese. Nel distretto delle 5vie, di fronte alla Chiesa di Sant'Ambrogio, in un palazzo dalle fattezze tipicamente lombarde, abbiamo trovato uno spazio di lavoro "vissuto", un album di fotografie d'altri tempi: dalla macchina da scrivere agli scaffali colmi di fogli da disegno. Sembrava un luogo famigliare.

Ecco una dimostrazione pienamente convincente di ciò che può essere cultura in una manifestazione come il Fuori Salone. Perché per essere cool non bastano opuscoli patinati e supporti tecnologici: serve programmazione. Soprattutto serve un'anima.

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