Gang albanese esperta di furti e del farsi beffe della giustizia

Mettevano a segno 50 colpi al mese e aggredivano chi trovavano nelle abitazioni Il Procuratore Russo: «Non nuove leggi, ma severità nell'applicare quelle in vigore»

Implacabili come una macchina da guerra, dicono le indagini, mettevano a segno cinquanta colpi al mese viaggiando continuamente tra Lombardia, Piemonte e Emilia Romagna, con furti e rapine superorganizzati facendosi beffe degli italiani e della nostra giustizia. Li ha arrestati la polizia di Lodi e ora il procuratore della Repubblica di Lodi Vincenzo Russo lancia un appello ai giudici: applicate le leggi, che in Italia ci sono e sono più che sufficienti.

Il blitz della squadra mobile capitanata da Alessandro Battista è scattato alla vigilia di Natale, dopo mesi di indagini, pedinamenti, intercettazioni. Lo dicono chiaro le ricostruzioni degli inquirenti: la banda curava i blitz in abitazione come un vero e proprio lavoro. Su due turni: pomeridiano e notturno. I tre albanesi arrestati, Roland Cala, 21 anni, Cera Aldo, 26 anni e Ejlly Klaudjo, di 22, stanziati a Sant'Angelo Lodigiano, lavoravano dalle 16 alle 20, poi cenavano e rientravano in servizio dall'una di notte alle 4, e non lasciavano al caso nemmeno i loro spostamenti. Dislocati sul territorio d'azione, infatti, nelle diverse province avevano parcheggiato una serie di auto veloci rubate che, di volta in volta, raggiungevano con i propri mezzi per poi entrare in azione. Rubavano tutto quello che riuscivano a trovare, automobili comprese, che poi spedivano nel loro Paese mentre, per la refurtiva leggera, la via era quella della ricettazione, attraverso campi nomadi del Milanese. Nemmeno trovare gente in casa li fermava. Incontrata un pomeriggio un'anziana nell'abitazione presa di mira, l'hanno immobilizzata e hanno continuato tranquillamente a raccogliere i suoi averi intimandole di star zitta, per poi fuggire senza aver lasciato indietro nulla. E quando un'altra anziana li ha visti passare più volte dalla sua via, come ha spiegato la polizia, i tre ridendo hanno commentato che tanto, la sera dopo, sarebbero tranquillamente ripassati ma con un auto diversa.

Il capo della Mobile di Lodi ha voluto spiegare: «Abbiamo lavorato sodo per raccogliere più elementi possibile, soprattutto per fare in modo che questi pregiudicati non se la cavassero con la solita direttissima per poi venire scarcerati, con il forte rischio di perderne le tracce». Mentre proprio per l'occasione il procuratore capo Vincenzo Russo, che ha personalmente coordinato le indagini, ha voluto ieri lanciare un vero e proprio appello alla Magistratura giudicante. Sottolineando: «In Italia è inutile continuare a invocare nuove leggi in materia di sicurezza. Noi di leggi validissime e efficaci ne abbiamo e assolutamente a sufficienza. L'importante, però, è che vengano applicate e con la giusta severità. Questa è gente che arriva in Italia solo per commettere reati e giuste sanzioni eviterebbero tante polemiche anche di tipo razzista che vanno poi a discapito degli stranieri che, invece, sono onesti.

Di fronte a fenomeni come questo non vorremmo più assistere a misure cautelari quali l'obbligo di dimora o l'obbligo di firma con contestuale scarcerazione, facilmente eludibili, specialmente da persone che non hanno ormai più nulla da perdere».

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