"Io, scugnizzo a 60 anni Che gioia festeggiarli proprio all'Arcimboldi"

Da Napoli a Milano, gran ritorno sul palco "Macché neomelodico, mi notò Miles Davis"

"Io, scugnizzo a 60 anni Che gioia festeggiarli proprio all'Arcimboldi"

«Sono stato un autentico fenomeno del pregiudizio nazionale. Eppure sono riuscito ad essere quello che volevo: uno, anzi no, il cantante napoletano. Piaccia o no agli esteti, Miles Davis s'innamorò delle mie canzoni e voleva pure suonarle. È vero, quando me lo dissero non sapevo nemmeno chi fosse; credevo parlassero di nuovo giocatore straniero del Napoli. Invece, era un genio, un gigante. Questo sarà per sempre per un motivo di grande orgoglio». Torna a Milano, stasera nella cornice degli Arcimboldi, Nino D'Angelo, l'ex scugnizzo dal caschetto biondo del rione San Pietro a Patierno che a giugno scorso ha festeggiato i suoi primi 60 anni con un megaconcerto davanti alla curva B dello stadio San Paolo alla presenza di oltre 15 mila fan (di ben tre diverse generazioni...) in delirio.

Che cosa resta di quell'indimenticabile serata di orgoglio napoletano?

«Che dire, aver festeggiato i 60 anni così, davanti alla mia gente, che mi segue da più di 40 anni, è stata un'emozione indimenticabile. Qualcosa che mi terrò nel cuore per tutta la vita. È stato il più bel film della mia vita. Il più vero. In cui ha vinto la Napoli dei valori e dei sentimenti».

Che cosa ricorda della tua prima volta a Milano?

«Racconto un aneddoto che mi è successo: sarà stata la metà anni Settanta e, appena arrivato a Milano, salii su un taxi guidato da un pugliese. Mi meravigliai quando scoprii che ascoltava Radio Antenna Emigranti e per di più solo ed esclusivamente musica napoletana. Io avevo avuto un successo locale con 'A storia mia ('O scippo), ma lui non aveva mai sentito parlare di me come cantante. Qualche anno più tardi, ai tempi del film di 'Nu jeans e na maglietta mi ritrovai per puro caso sullo stesso taxi. Il conducente mi riconobbe subito e mi raccontò di essere diventato un mio accanitissimo supporter. Questa è la mia Milano: una città che rispetto molto, dal respiro europeo, ma anche molto italiana e piena zeppa di sud. Con buona pace dei leghisti».

Che cosa aspettarsi dallo show agli Arcimboldi, prima data del nuovo tour teatrale ribattezzato Il Concerto 6.0 che andrà anche in giro per l'Europa?

«Due ore di musica in cui sarà concentrato tutto Nino D'Angelo. Quello delle sonorità romantiche e vintage dell'epoca del caschetto e quello più recente, in cui ho messo assieme la passione irresistibile tanto per il mio idolo da ragazzo, Sergio Bruni, quanto per Peter Gabriel, il maestro della contaminazione. E poi posso aggiungere una cosa?».

Prego...

«Per un figlio della Napoli più difficile è una grande soddisfazione aver raggiunto questo teatro: sono nato povero tra i poveri, e invece ce l'ho fatta. Ai tempo sono stato denigrato con sta storia del cantante neomelodico, salvo poi accorgersi che sotto il caschetto c'era una testa. Perché essere cresciuti nella scuola della strada non vuol dire mica essere stupidi. Comunque sia, andando oltre i pregiudizi, io che sono idolo della gente che ha poco, ho aperto la strada a tanti cantanti della mia città».

Per l'autore dell'inno del Napoli calcio, viene naturale chiedere come sta vivendo l'exploit della squadra di Sarri, reduce da sette vittorie consecutive...

«Questo Napoli è un giocattolo perfetto, è poesia e flipper al tempo stesso.

Il Napoli di Maradona mi faceva impazzire, ma già da qualche anno Mertens e soci hanno raggiunto un livello di gioco altissimo. Credo che quest'anno il Napoli è fuori categoria per tutti, Juve compresa, e lo scudetto lo può solo perdere».

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