Carolina Toia, candidata sindaco per il centrodestra a Legnano, è stata una campagna particolare.
«Sì, veloce, condizionata dal Covid, fatta anche ad agosto, con poche persone in città. Ma alla fine siamo contenti»
Il Comune è commissariato. In genere lo schieramento che fallisce perde. Ma il clima pare favorevole al centrodestra. Grazie a lei?
«C'è un'aria frizzante, sì, io respiro fiducia, entusiasmo, voglia di fare. Da quando ho accettato, l'aria intorno alla nostra squadra, ai nostri 96 candidati, è proprio questa, è positiva».
Quando ha deciso di candidarsi e perché?
«Il primo approccio risale all'agosto 2019. Ero intenzionata a dire no: ho fatto il consigliere regionale 4 mesi dopo essere diventata avvocato, ho sacrificato un po' la mia professione. Non mi ero ricandidata alle Regionali, pur potendo, perché consideravo chiusa la mia esperienza. Il corteggiamento è proseguito e prima del lockdown ho cominciato a tentennare: tanti mi incoraggiavano. Ho avuto tre mesi per riflettere, mi sono confrontata con la mia famiglia, i miei genitori e i miei fratelli e alla fine mi sono detta: Sei troppo legata a Legnano per dire di no. Però si fa come dico io».
Cioè?
«Ho voluto una mia lista civica, ho chiarito che intendevo voltare pagina, senza dare giudizi sul passato, rispettando la magistratura, ma voltare pagina, partire da zero, con libertà assoluta di manovra. Infine ho chiarito che avrei scelto io la squadra. I partiti hanno detto sì e sono partita subito, senza un giorno di vacanza».
Con quali priorità?
«Nel programma c'è una premessa legata al Covid, anche il Comune deve dare risposte. Detto questo, il primo punto è la sicurezza, i cittadini vedono degrado e abbandono, noi vogliamo una città sicura e vivibile, quindi: illuminazione, militari in stazione, contrasto di accattonaggio, abusivismo e occupazioni di aree dismesse».
Lei politicamente cos'è?
«La mia è una candidatura civica di centrodestra, i miei ideali sono quelli ma non ho mai ritenuto di fare tessere, anche perché sognavo di fare il magistrato. Anche quando Maroni mi ha chiesto di candidarmi alle Regionali, l'ho fatto in un contenitore civico. Finita quell'esperienza bellissima, non mi sono riciclata, sono stata coerente e anche oggi mi presento con una formula identica, civica coi partiti».
Sarà più duro che fare il consigliere regionale.
«Decisamente. Fare il candidato, e poi il sindaco, come mi auguro, è tutto tranne che una scelta di comodo, soprattutto ora. È una scelta che richiede coraggio e forse un pizzico di follia, che non mi è mai mancata. Chi mi conosce ha sempre saputo che avrei accettato».
In Regione cosa ha fatto?
«Legnano è sempre stato il mio pallino. Ma mi sono impegnata per i pendolari, per le cure veterinarie dei non abbienti, per un progetto di legge sulla lingua dei segni. Sono molto vicina al mondo del sociale, sono rapporti che mantengo. Con noi è candidato un ragazzo di una di queste associazioni, un ragazzo con sindrome di Down. Sta facendo campagna esattamente come gli altri».
I suoi avversari?
«Noi abbiamo parlato del programma, abbiamo girato con un camper-ufficio mobile. Dall'altra parte purtroppo c'è stata anche una campagna anche diffamatoria. Accetto le critiche alle nostre proposte, sul Palio o su altro, ma si è parlato di bambola gonfiabile, di una bella addormentata nel losco. Alcuni di loro non sono stati certo leali. Essendo anche il mio lavoro, qualcuno ne risponderà».
La soddisfazione maggiore sarebbe la vittoria elettorale.
«Spero già al primo turno.
Sarei il primo sindaco donna di Legnano. Non sono per le quote rosa, ma sarebbe un'occasione per premiare un donna non in quanto tale ma come candidata preparata e con una grande squadra. Spero che Legnano mi faccia e si faccia questo regalo».
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