Una prostituta su cinque non sa di essere sieropositiva al virus dell'Aids. Il dato scioccante, riportato ieri da Adnkronos Salute è il risultato di uno studio e di un progetto realizzato dalla collaborazione nata nel 2017 tra il personale medico e infermieristico dell'Unità di malattie infettive dell'Azienda socio sanitaria territoriale (Asst) di Monza con l'associazione «Ala Milano Onlus», che hanno deciso di uscire dall'ambiente ospedaliero per poter intervenire attivamente sul territorio nel campo della prevenzione e della diagnosi precoce dell'infezione da Hiv.
«Nel corso delle diverse uscite - riferisce l'Asst - sono state contattate quasi 200 prostitute in 5 luoghi di prostituzione, di cui oltre la metà ha accettato di partecipare al progetto. Escludendo quelle che riferivano di essere già Hiv-positive, circa il 12 per cento di coloro che si sono sottoposte al test sono risultate positive. Complessivamente, una su 5 prostitute sieropositive al virus dell'Aids non era a conoscenza della propria positività e l'ha scoperta solo grazie all'intervento.
«La maggior parte di chi ha ricevuto una diagnosi su strada è stata agganciata al centro - prosegue l'Azienda socio sanitaria territoriale - e ha iniziato rapidamente (entro 7 giorni dalla diagnosi) la terapia antiretrovirale, bloccando la replicazione virale, prevenendo l'evoluzione in Aids e azzerando il rischio di trasmissione».
Il progetto è iniziato appunto nell'estate di 2 anni fa come una survey conoscitiva su comportamenti e conoscenze delle donne transgender che si prostituiscono nell'area di Milano e Monza, parallelamente all'offerta di test rapidi salivari per la diagnosi di Hiv e Hcv (virus dell'epatite C), direttamente nei luoghi di prostituzione notturna, e nel tempo si è arricchito di nuove offerte.
«Uscire dai confini dell'ospedale per fare prevenzione esprime una corretta interpretazione delle logiche di integrazione ospedale-territorio, che rappresentano un preciso obiettivo del mandato affidato ai direttori generali da Regione Lombardia» afferma il direttore generale dell'Asst Monza, Mario Alparone. E prosegue: «Costruire percorsi di prevenzione e presa in carico consente di minimizzare, là dove possibile, il ricorso all'assistenza sanitaria e di programmarla in maniera efficiente ed efficace ai fini della cura. Ringrazio i nostri professionisti per lo spirito di servizio e la professionalità che dimostrano quotidianamente».
Tra gennaio e
settembre 2018, i nuovi casi di Aids, solo nella città di Milano, sono stati 327: numeri che confermano, in sostanza, il trend del 2017 quando secondo i dati dell'Agenzia per la Tutela della Salute le diagnosi furono 390.
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