Il medical coach che aiuta a convivere con la malattia

Il malato cronico deve stabilire un rapporto con la sua sofferenza e condividere la quotidianità con gli altri

Beatrice Coppola

La diagnosi di una malattia, qualunque essa sia, è l'occasione per ricalcolare i propri percorsi esistenziali e guardare a una nuova prospettiva di vita. Operazioni non di certo semplici, soprattutto a fronte della messa in discussione del proprio valore personale.

Grazie a Giovanna Ferrante, fondatrice e presidente della Onlus Renata Quattropani, nata nel 2011 per ricordare sua madre che convisse con la malattia della leucemia linfatica cronica, anche in Italia ha preso forma la figura del Medical Coach, un professionista in grado di occuparsi del paziente, assistendolo nella gestione quotidiana della convivenza con la malattia. Roberto Assente, approdato dal mondo della Bioingegneria e della ricerca Biomedica a quello del Coaching per aziende e professionisti, spiega come «sia stimolante e motivante accompagnare le persone malate attraverso un percorso creato con il fine di raggiungere un qualsivoglia obiettivo di loro interesse».

« I progetti - aggiunge - possono essere di qualunque tipo, ma, per i malati, avere al proprio fianco un sostegno che li aiuti a valorizzare le proprie potenzialità è molto importante. Il malato cronico deve stabilire un rapporto di convivenza con la malattia e non deve di certo chiudersi in sé; occorre condividere la quotidianità con gli altri, cercando anche di migliorare le proprie prestazioni personali, sia nella vita privata, sia dal punto di vista professionale». Una bella sfida. «I medici per primi - aggiunge - riconoscono l'importanza della nostra figura. Anzitutto perché, educhiamo il paziente all'aderenza alla terapia, facendo in modo che mantenga un ruolo attivo, consapevole e anche responsabile. Da qui, una volta individuati gli obiettivi, si elabora il piano di azione che i pazienti devono rispettare seguendo percorsi definiti. Noi coach rappresentiamo un ponte tra pazienti, medici e caregiver-familiari che, spesso, tendono a ridurre la responsabilità del paziente, sostituendolo nella gestione di azioni quotidiane».

Percorsi non così scontati, ma che migliorano autonomia e autostima. Il dottor Aldo Palermo, dopo aver conosciuto nel 2017 l'attività della Fondazione Quattropani, oggi continua, anche se meno assiduamente per l'aggravarsi della sua patologia, a partecipare agli incontri bisettimanali collettivi di 90 minuti organizzati negli spazi dell'Università Statale di Milano e al San Raffaele.

«Per me sono esperienze bellissime - afferma il dottor Aldo Palermo - Durante gli incontri, ho conosciuto persone con le quali ho condiviso gli aspetti più critici della mia convivenza con la malattia.

Ho apprezzato molto l'aspetto umano e sociale di questi incontri e sono onorato di essere il testimonial della Fondazione».

Essendo una Onlus, è importante destinare il 5x1000 a: Fondazione Renata Quattropani Onlus: Cf 97571910153. Per informazioni: www.fondazionequattropani.org

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