nostro inviato a Locarno
«I diritti vanno difesi perché, se si perdono, poi occorre combattere per riconquistarli». Il regista di Menocchio, il friulano Alberto Fasulo, ha introdotto così il film italiano in competizione al Festival di Locarno. Ispirato a una storia cinquecentesca di eresia, affronta il tema del dissenso collegato alla legittimità di esibirlo. Nella Svizzera, culla di molte sette nella storia del cristianesimo, arriva una trama che va oltre se stessa. Non tocca i motivi dello scontro religioso, tanto logori in questi anni, ma mostra quanto sia importante il valore del dialogo e della tolleranza. Non per nulla Domenico Scandella da Montereale, detto Menocchio, è un cocciuto mugnaio friulano accusato di diffondere tra la sua gente idee contrarie alla fede cattolica. Interrogato dall'inquisizione e torturato, alle soglie del patibolo, legge la ritrattazione delle accuse di cui sarebbe stato ritenuto colpevole, abiurando per aver salva la vita.
L'intreccio è un'evidente metafora del diritto al dissenso che spetta a ogni essere umano e in questa chiave va interpretato come il parallelismo con le immagini della mucca che partorisce e successivamente è vittima di violenza. L'inutile crudeltà ai danni dell'innocente diventa così allegoria che attraversa il mondo umano e animale. Il film, lungamente applaudito, esibisce una fotografia eccellente, valorizzata da tagli di luce che scolpiscono i volti degli attori - solo due sono professionisti, il prete e l'inquisitore - chiamati a una recitazione spontanea che ha lasciato ampio margine di intervento a personaggi reclutati tra Veneto e Friuli dove sono state girate le riprese. Menocchio mostra il pregio e il prestigio di un cinema italiano ruspante che esce dai percorsi tradizionali ed esibisce capacità insospettabili.
La vicenda di Domenico Scandella, riesumata negli archivi da Carlo Ginzburg, acquisisce un valore che supera la cronaca di quei fatti solo in parte narrati. Il film racconta una parte della vita del mugnaio che mai riuscì a liberarsi dell'abbraccio mortale della repressione clericale.SteG
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