«Il mio Don Giovanni non è un sex symbol»

Alessandro Preziosi porta in scena il personaggio di Moliére «Il suo potere seduttivo sembra scritto per la nostra società»

Retorica, più che ars amatoria. L'arte, molto politica, del saper coinvolgere la platea mediante il potere del linguaggio. É questo il «Don Giovanni» di Moliére, ed è questo il personaggio che Alessandro Preziosi intende portare sul palcoscenico del Teatro Nuovo dal 3 al 15 febbraio (ore 20.45, domenica ore 15.30, ingresso 59,50 – 49,50 euro, info 02.79.40.26). «Il luogo comune vuole Don Giovanni come simbolo della seduzione seriale delle donne – spiega l'attore e regista napoletano, indefesso lavoratore sui tre fronti della tv, lato fiction, del cinema e del teatro – Ma quello di Moliére esercita seduzione attraverso il potere di seduzione del linguaggio. Ed è per questo che l'opera del drammaturgo francese parla in modo straordinario al nostro contemporaneo. Se però dico che in questo seduttore si rispecchiano anche i politici di oggi, è facile che, per un titolo facile, domani sui giornali mi ritrovo qualcosa del tipo: il Don Giovanni di Preziosi è come Renzi e Berlusconi». Da buon napoletano, Alessandro Preziosi ha la battuta pronta e, come il suo attuale alter ego da palcoscenico, sa di piacere. E la sensazione è pure quella che si piaccia un sacco. Quindi, con tanti saluti alla teoria di cui sopra, il fatto che lui sia - oltre che un attore navigato - un sex symbol riconosciuto, non sembra stonare nello spartito generale: «Ma quella parola, sex symbol, è roba da americani – spiega Preziosi – Quindi rinnego questa patente, anche se poi sul lavoro, mediaticamente, funziona. La banale verità però è quella che già suggerivo nel mio Cyrano di Bergerac anni fa, quello che andava in scena col naso normale: la bellezza o la bruttezza sono ininfluenti, la prima soprattutto perché sfiorisce. Sono le belle emozioni a mantenerci belli». Il ritorno a Milano per Preziosi ha sempre un sapore particolare: «Milano è una donna falsamente timida – spiega l'attore, giocando non a caso per l'ennesima volta con il mito del personaggio rappresentato – ed è per questo che mi piace e che, quando lasciai Napoli da giovanissimo per venire a studiare ai Filodrammatici, la trovai subito adatta a me. Il palcoscenico del Nuovo è poi uno di quelli immaginati in avvio di studio della scenografia per questo spettacolo: volendo essere una versione dal tratto cinematografico, con tanto di proiezioni video in 3D, la sua struttura da schermo in 16:9 mi sembra perfetta». Il gioco cinematografico, però, si ferma all'immagine: «Il testo di Moliére viene rispettato – prosegue l'attore – anche perché da esso emerge una sconcertante attualità: è il potere dei classici, quello di non smettere di ammonirci. Perché dei classici avremo bisogno finché la nostra qualità e stile di vita non miglioreranno. Don Giovanni indossa un maschera con cui illude tutto e tutti, persino sé stesso: è l'ipnosi della leggerezza di cui troppo spesso noi, come società, sentiamo l'esigenza». Qualche libertà testuale, in effetti, però c'è: «Non mi vergogno a dire – svela Preziosi – che ho inserito qualche aggettivo iperbolico prelevandolo da un oroscopo letto sul giornale. La superficie classica resta intatta, csoì come il cinismo delle situazioni narrate: all'interno di esse ci sono alcune libertà che avvicinano lo spettatore ai tempi nostri».

E a chi gli chiede se in Don Giovanni lui trovi qualcosa della sua napoletanità, l'attore risponde: «I napoletani, come Don Giovanni, si mangiano vivi coloro che si fanno condizionare dal pudore. É un'operazione a fin di bene che compiono: non lo fanno per puro sadismo».

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