«Vogliono che me ne vada via dalla mia casa, dove vivo da oltre cinquant'anni e dove ho tutti i miei affetti e i miei ricordi. Ho già vissuto l'esperienza di essere cacciata da casa mia e spogliata di tutto, quando ero poco più che una bambina e vivevo in Egitto». La signora Maria Attias, residente al primo piano di un palazzo in largo Bellintani, ha passato una brutta notte (peggiore di altre) e questa volta ha perso la pazienza. Sabato il popolo del Pride Milano finita la parata in centro ha invaso in massa, come era prevedibile, il «Rainbow District» al Lazzaretto dove il comitato di quartiere sta già preparando una class action contro la movida selvaggia.
La musica da discoteca è andata avanti fino alle cinque del mattino. Qualche ora prima, intorno alle due, la signora Attias, che soffre di una patologia che la pone a rischio ictus, è scesa in strada a protestare con il gestore di un locale («l'ennesimo») che ha aperto da poco sotto casa, «era impossibile dormire». Ha incassato risate e battute da parte dei ragazzi presenti. Il figlio Maurice Spier è tra i portavoce del Comitato del Lazzaretto Milano che depositerà entro fine luglio la class action contro il Comune e avverte che depositerà anche un altro ricorso urgente contro il nuovo locale per «tutelare il diritto al sonno di mia madre e delle persone che come lei hanno problemi gravi di salute». Un paio di settimane fa i consiglieri comunali che fanno parte delle Commissione Sicurezza e Commercio erano andati in sopralluogo al Lazzaretto con l'assessore Marco Granelli, avevano promesso di aprire un tavolo con comitati e locali della zona per trovare una mediazione ma siamo già a inizio luglio (il clou per la movida estiva) e «ancora non ci hanno fatto sapere niente - riferisce -. Peraltro, non sarebbe servita a niente senza controlli, ma almeno simbolicamente il sindaco Beppe Sala avrebbe potuto firmare un'ordinanza per zona Porta Venezia la sera del Pride, era il mistero di Pulcinella che molti dei partecipanti alla sfilata si sarebbero concentrati qui. Sul palco, Sala ha ribadito che è sempre pronto a sfilare per la Milano dei diritti, ma dimentica che esiste anche il diritto dei cittadini al riposo e alla salute». Anche la portavoce del Comitato Elena Montafia era a casa sabato sera e «con i doppi vetri non si sentiva neanche la tv. Da tre anni ormai cerco di stare il meno possibile a Milano, mi trasferisco nella seconda casa per lavorare in smart e dormire, ma non è normale».
Sulla zona di Porta Venezia si è innescata nei giorni scorsi anche una polemica tra il presidente della Commissione Pd Michele Albiani e l'assessore al Turismo Martina Riva, che ha lanciato la «call to action» per realizzare dal 10 al 20 ottobre una sorta di «fuorisalone arcobaleno» (con presentazione di libri, dibattiti, feste) durante la convention mondiale sul turismo Lgbtq+. E Albiani ha sottolineato che il quartiere è già sotto pressione, va aperto un tavolo anche con le associazioni dei locali che lavorano nel quartiere.
Cambiando zona, dopo la «sceneggiata» numero 110, tante sono le volte che l'ufficiale giudiziario si è presentato al Leoncavallo dal 2003 per notificare lo sgombero, il centro sociale ha organizzato una festa fino alle tre di notte. E questa volta ha montato pure le transenne abusive per impedire il passaggio delle auto.
«I commercianti devono la tassa di occupazione del suolo pubblico, Siae, il servizio di polizia locale che gestisce gli accessi, invece i leoncavallini si svegliano la mattina, piazzano le transenne e fanno festa con musica a palla fino a tardi» protesta il consigliere della Lega Samuele Piscina. Una beffa.
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