«Ne vediamo di tutti i colori», «la situazione è precipitata», «siamo soli» e «siamo le prime vittime di queste bande».
Pensieri, parole e sfoghi che circolano fra la Darsena e le Colonne, fra i titolari di locali che si sentono «in balia» di «veri e propri delinquenti». Altro che movida. Il punto è proprio questo e il titolare di un'attività storica della Darsena lo spiega bene: solo per pigrizia si può parlare di «movida» per descrivere un fenomeno che, col divertimento, non ha nulla a che spartire. «C'è un'escalation delinquenziale che non c'entra proprio niente con la frequentazione dei locali - racconta - E deriva in primo luogo dal fatto che certi luoghi non sono presidiati, e parlo della Darsena, di corso Como, di via Lecco e corso Sempione. Quando c'è molta gente, dopo una carta ora, in certi posti si intrufolano delle vere e proprie bande».
«Fino alla mezzanotte - spiega - tutto è tranquillo e il posto è frequentato da famiglie, non si percepisce alcun pericolo, se non quello rappresentato da piccoli furti, cose che possono avvenire in tutti i locali. Ma è quel che succede dopo la mezzanotte che fa paura, è un giro di giovanissimi, soprattutto stranieri devo dire, bande di giovani che imperversano». «Noi - racconta - abbiamo fatto una scelta: chiudiamo con un'ora di anticipo per non avere problemi con queste bande. Chiudiamo all'una». «Quel che ci sorprende - prosegue - è che non ci sia alcune presidio dopo una certa ora, come se si creasse un limbo. Ci sentiamo noi gestori responsabilizzati a controllare il territorio, ma non possiamo farlo noi».
I locali, questo ora è chiaro, sono vittime di questi fenomeni criminali. E stanno cercando di attuare contromisure: «Ci siamo messi d'accordo per puntare sulla qualità anche per fare un po' di selezione - dice il titolare del locale - non troverete nessuno fra noi che vende birra a 3 euro, e questo per evitare di attrarre ragazzini ubriachi e molesti. Stiamo cercando di alzare il target, io per esempio al sabato metto solo jazz». «Noi - prosegue il racconto - siamo le prime vittime di questa situazione. Qui in Darsena abbiamo lavorato a nostre spese sulla qualità e sulla sicurezza, stanno tornando i turisti e questo luogo è stato restituito alla città, ma il territorio e l'afflusso non possiamo controllarlo noi. E pensare che basterebbe un presidio, una pattuglia ferma, una camionetta dell'esercito basterebbe e avanzerebbe come deterrenza». «Qui - racconta - negli ultimi anni si è visto un peggioramento, e dal Covid in poi è una degenerazione. Noi ci siamo assunti la nostra responsabilità pagando di tasca nostra, riducendo gli orari, rinunciando a una parte degli incassi e pagandoci la sicurezza, ma il Comune e le istituzioni non ci tutelano. E se non ci fossimo noi?».
Alle Colonne, se possibile, la situazione è anche peggiore. E un altro esercente è ancor più arrabbiato. Esasperato. «Sono qui da 30 anni - racconta - e di porcherie non ne abbiamo viste abbastanza. Ogni anno, con la bella stagione, arrivano spacciatori, scippatori, e negli ultimi anni queste bande che attaccano risse con un pretesto e se la prendono con gente che non c'entra niente. Al Comune pare che non interessi niente, il signor sindaco Sala sa dire solo che Milano è grande e difficile da controllare. Qui non vediamo nessuno e il degrado aumenta. Le Colonne non possono essere illuminate e intanto aspettiamo un altro temporale. L'altro giorno - il racconto - alle 10 del mattina un tizio ci ha gettato il motorino per terra e stava buttando giù la porta, c'era solo personale femminile, terrorizzato». «La sorveglianza? Noi non ce la possiamo permettere. Già prima del Covid è stato un anno di fatturati pessimi, la gente scappa perché la zona è bella ma in balia di spacciatori, molestatori, scippatori, e ora col fenomeno di questi ragazzotti vestiti di tutto punto che vanno in giro a fare rapine».
«Gli affari vanno a ramengo - riflette - mi sto chiedendo se conviene star qui a pagare stipendi, tasse e bollette che ora costano quattro volte tanto. Ho due figli ma non so se augurare loro di andare avanti, siamo in balia di tutto. Ci facciamo mille domande ma non ci sono risposte».
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