Perfino i centri sociali si sentono traditi

Perfino i centri sociali si sentono traditi

La giunta arancione rischia di perdere i suoi reparti speciali, le sue truppe d'assalto, quelle che, prima nella campagna delle primarie poi nella battaglia elettorale per la conquista di Palazzo Marino, hanno dato un notevole contributo di lavoro propagandistico più che di voti alla vittoria di Giuliano Pisapia. Vanno male, infatti, i rapporti con quell'area che potremmo definire del «dissenso endemico», cha va dai centri sociali a certi gruppi più o meno autonomi che si autodefiniscono «creativi», dall'estremismo dell'area antagonista alle frange più indisciplinate e vandaliche del cosiddetto «popolo della movida», imbrattatori compresi. I rapporti vanno male perché Pisapia non riesce - e come avrebbe potuto? - a mantenere le promesse che aveva fatto o che aveva lasciato supporre a quelli che si consideravano i suoi pretoriani. Mentre la partita per la sistemazione del Leoncavallo, le vere truppe scelte del candidato Pisapia, non si riesce a chiudere e giustamente quei ragazzi ricordano al sindaco che «pacta sunt servanda», i patti vanno rispettati, scoppia una grana che per certi versi ricorda l'occupazione di Macao alla torre Galfa di via Galvani. Stavolta si tratta delle Officine Creative Ansaldo, nei 14 mila metri quadrati di vecchi stabilimenti industriali a porta Genova, dove una cinquantina di giovani del Social Art Center Club 2.0 volevano realizzare laboratori, mostre, spazi commerciali ed eventi. Il Comune, invece, intende assegnare la disponibilità di quella enorme struttura con una gara pubblica. E scatta la solita dinamica: sgombero, «riappropriazione» da parte degli sgomberati, polemiche, accuse di tradimento: «Da mesi parliamo con tutti i referenti dell'amministrazione comunale e riceviamo complimenti e incitamenti» scrivono al sindaco i «creativi», ricordando «una campagna elettorale in cui acclamavate spazi per la musica e la cultura a disposizione di tutti». Risultato: siamo all'occupazione abusiva, cioè all'illegalità. Il punto dolente è sempre lo stesso, come per il Leoncavallo: «Ma voi ci avevate promesso…». Questo succede quando ci si mostra compiacenti e disponibili per ragioni elettorali e poi la realtà quotidiana con le sue scadenze e gli impegni della gestione presenta il conto. La prudenza politica consiglierebbe maggiore cautela o almeno una certa vaghezza quand'è tempo di promesse ma poi più coraggio e spregiudicatezza per mantenerle.
Non c'è da meravigliarsi, dunque, se i graffitari, dopo aver imbrattato ogni superficie disponibile ora parlano, attraverso i loro avvocati, di «inaccettabile e incomprensibile repressione». Una repressione che, se c'è, è partita comunque troppo tardi, tanto gli affetti di questa negligenza-tolleranza sono ben visibili sui tutti i muri della città. È, in fondo, esattamente quello che contestano i comitati dei quartieri della movida: un «eccesso di tolleranza», «disattese le stesse regole imposte dall'amministrazione».

Ma come si può fare la faccia feroce dopo aver ammiccato e fatto sorrisini per anni?
Ed è quello che chiede perfino Massimo Cacciari, con la sua esperienza di ex sindaco di Venezia, che a Milano abita dalle parti di San Lorenzo ed è preoccupato, oltre che il suo sonno, per il trattamento che il popolo della notte riserva ad «un'area archeologica così importante e delicata».
Per il filosofo dovrebbe addirittura intervenire il prefetto, con polizia e carabinieri. Che lo possa fare Pisapia non ci crede più nessuno.

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