Pisapia e il governo del «no a tutto»

Se il modello sarà quello di Milano bisognerà fare i conti con ambientalisti, centri sociali e ciclotalebani

Pisapia e il governo del «no a tutto»

Giuliano Pisapia, dunque, ha tratto il suo dado e ha deciso di attraversare il Rubicone della politica: dalla Gallia cisalpina, dalla padana Milano, ora marcia su Roma, alla testa di ipotetiche legioni la cui consistenza è tutta da verificare e per il momento non appare poderosa. Sono le legioni di quella che potremmo provvisoriamente chiamare la «sinistra arancione». Dello stesso colore, cioè, adottato dalla ibrida coalizione che dopo 20 anni è riuscita a portare a Palazzo Marino un sindaco di sinistra. E infatti Pisapia pensa di mettere insieme qualcosa di simile a livello nazionale, qualcosa di sinistra ma a sinistra della sinistra del centrosinistra di governo. Insomma a sinistra del Pd, da cui certamente spera anche di estrarre qualche anti-renziano insofferente, sebbene il sindaco assicuri che il suo intento è quello quello di allargare l'area della sinistra di governo, una cosa tipo «Arancioni per Renzi».

Fino ad oggi, tuttavia, dal nuovo aspirante leader si sono sentiti solo generici discorsi di schieramento, di posizionamento e di topografia partitica. Quanto a programmi, idee, progetti e proposte - del tipo «ecco cosa faremo quando andremo al governo» - il silenzio è assordante. Neppure l'accenno di qualche ipotesi. E questa omissione o amnesia sarebbe imperdonabile per chiunque si accinga a promuovere un nuovo soggetto politico. Ma, a pensarci bene, per Pisapia si tratta di una omissione giustificata, giacché, stando al governo di Milano, della capitale economica del Paese, egli ha già abbondantemente dimostrato le sue attitudini. Insomma, già sappiamo su cosa concentrerebbe la sua azione di governo, anche tenendo conto della compagnia che lo ha portato a Palazzo Marino, identica a quella che sta raccogliendo per dar vita alla sua sinistra della sinistra: estremisti e movimenti vari, centri sociali, ex socialisti movimentisti, ambientalisti, ciclotalebani, mamme antismog, simpatizzanti dei No Tav e comitati del «no ai box» e «no alle vie d'acqua» fino a reduci «no Expo» e insomma quelli del no a tutto. È ovvio che con questa gente non si può combinare nulla, ammesso che se ne abbia la voglia e la capacità. Perciò una giunta di sinistra che per prima cosa avrebbe dovuto incrementare e incentivare il trasporto pubblico, dopo aver aumentato del 50 per cento il prezzo del biglietto, ha drasticamente ridimensionato i progetti di nuove linee metropolitane e di superficie pure già avviati dai predecessori e in barba alle esigenze dell'incipiente Expo. La cosiddetta «mobilità sostenibile», caposaldo ideologico di questa sinistra, è affidata solo alla fantasiosa proliferazione di aeree pedonalizzate e ad una forma idolatrica del culto della bicicletta. Da una giunta di sinistra, poi, ci si poteva legittimamente aspettare una riduzione delle tasse, almeno delle più impopolari come quelle sulla casa, e invece è successo il contrario. Dobbiamo perciò temere che una sinistra arancione di governo faccia altrettanto? Poi c'è il penoso capitolo sicurezza e degrado, con tanta attenzione e disponibilità per centri sociali e rom, mentre la Stazione Centrale e le zone circostanti sono ormai frequentabili solo a proprio rischio e pericolo e le comunità di nomadi presidiano militarmente i loro campi come se fossero zone extraterritoriali.

Un governo con un ministro degli Interni «arancione» come gestirebbe, dunque, i problemi dell'immigrazione? Intanto, però, il progetto di Piaspia almeno una cosa ha chiarito, anzi ha confermato: che lui il sindaco lo fa quasi controvoglia e pensa ad altro. Ma l'avevamo capito benissimo.

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