Il Comune si prepara a celebrare la Settimana dei Diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e, per la prima volta, la neo-istituita Giornata del Gioco. Da oggi fino a domenica in città «saranno tantissime le iniziative organizzate dai settori Educazione, Welfare, dai Municipi e dal Garante dei diritti per l'infanzia e per l'adolescenza, insieme a scuole ed enti del Terzo Settore, per coinvolgere piccoli e grandi in momenti di riflessione e gioco». Decine di iniziative che si svolgeranno per ricordare la ratifica del parlamento italiano, il 27 maggio 1991, della convenzione Onu sui Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza. Fin qui, tutto bene.
Ma c'è un ma: quei 1500 bambini rimasti fuori dalle graduatorie e quindi esclusi dalla possibilità di partecipare alle attività organizzate per i bambini delle elementari dal 13 giugno al 23 luglio, con giochi, animazione, giornate in piscina o nei parchi. E dire che si tratta di un terzo delle domande presentate: su 5.300 richieste infatti 1500 sono rimasti a bocca asciutta. Guai a fare rimostranze al sindaco che sostiene di avere fatto un miracolo e che tutto non si può fare. «Quest'anno abbiamo i posti del 2019, che è già una cosa positiva visto i tempi che corrono. Poi ci rifletteremo, tutto non si può fare. Il mio obiettivo era assicurare almeno i posti del 2019 e l'abbiamo fatto» ha detto. Con buona pace delle donne lavoratrici, delle famiglie indigenti che non hanno la possibilità di pagare un centro estivo privato, che se non frequentano il catechismo non possono accedere nemmeno all'oratorio (o con riserva).
Diversi gli ordini di problemi di una politica comunale che si riempie la bocca di parità di genere, declinando la carica di assessore «in assessora», che cambia le targhette dei consiglieri comunali nel caso di donne, ma che si preoccupa di quelle mamme lavoratrici costrette a fare smart working con i bimbi parcheggiati davanti alla tv finita la scuola. O che se li porta a lavoro. Dove sta il diritto dei bambini al gioco in questo caso? E quello alla socialità? E la «riparazione» dei danni della pandemia?
«I posti sono quelli che sono, e sforzi ulteriori non era possibile farli con questo bilancio» sostiene Beppe Sala. Ma perchè i criteri per le graduatorie considerano solo l'attività lavorativa dei genitori (se lavorano entrambi, se dipendenti e a tempo pieno o part time), se ci sono fratelli o disabili in famiglia e basta? Questo non garantisce, appunto, che i bimbi che hanno un solo genitore occupato, abbiano diritto a stare con gli altri, perchè sono rimasti «fuori». Non solo, l'Isee non entra minimamente nei punteggi con il risultato che le famiglie più indigenti, dove magari lavora un solo genitore, saranno escluse non avendo nemmeno la possibilità di pagarsi un costosissimo campus privato. Nemmeno in questo caso il diritto dei bambini al gioco è contemplato.
Stesso ragionamento con i campus di Milano Sport, società del Comune: la tariffa per una settimana varia da 145 euro (iscrizione entro il 27 aprile e senza diritto ad alcuno sconto ulteriore) a 175 euro per una settimana. Se si ha un Isee pari o inferiore a 18mila euro, si ha diritto alla tariffa agevolata di 147 euro. Sembra uno scherzo ma non lo è. Niente diritto allo sport e alla socialità. La «Milano amica dei bambini» i poveri li lascia indietro.
E l'attenzione al mondo dell'infanzia e delle politiche
famigliari raggiunge il suo apice con la denuncia delle cooperative che hanno partecipato al bando per i entri estivi: l'aggiudicazione è per l'offerta economicamente più vantaggiosa. Questione di diritti al ribasso.Marta Bravi
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