Quel silenzio del sindaco Pisapia su Motorshow e Olimpiadi a Milano

(...) Inevitabili le reazioni del sindaco di Bologna Virginio Merola e di quello di Torino Piero Fassino. Infatti la patria del Motorshow, sospeso dopo una lunga agonia, sogna di recuperare in qualche forma quella grande star espositiva decaduta e pensionata: Merola minaccia addirittura di rivolgersi al governo. Da parte sua la città della Fiat (una Fiat sempre più americana, però) non può rassegnarsi a vedere rinascere altrove un salone che un tempo - molto tempo fa - era suo.
E come criticare i due sindaci? Ricordando loro cos'è la concorrenza e che oggi la competizione economica avviene tra le grandi aree urbane? Inutile, sono due sindaci di sinistra. Che comunque hanno il diritto-dovere di tutelare l'immagine e il ruolo delle rispettive città. Cazzola sospetta che la momentanea rinuncia della Fiat a partecipare al Salone milanese possa essere «figlia di quelle pressioni», le pressioni, cioè, di Fassino e di altri ambienti torinesi (oltre che del crescente fastidio del Lingotto per le cose italiane). Possibile, ma ognuno si occupa legittimamente del proprio orticello e non è prudente dare la vicenda per conclusa con la vittoria di Milano. Fassino e Merola, dunque fanno il loro mestiere. Diversamente da Giuliano Pisapia. Il sindaco di Milano sembra che non ami battersi per la sua città. Ha dovuto accodarsi, malvolentieri, alla richiesta formulata dal presidente della Regione Maroni di portare a Milano le Olimpiadi del 2024. Una richiesta in concorrenza con quella analoga di Roma. Ma a Pisapia non piace litigare con i sindaci compagni - fosse per lui, anzi, rinuncerebbe al Salone dell'auto e infatti non ha replicato a Merola e a Fassino.
Perciò fin dall'inizio, dopo aver mandato giù il rospo di una richiesta che non è sua e non condivide, ha cominciato prima a lanciare messaggi del tipo « non litighiamo, mettiemoci insieme», proponendo un'impossibile edizione dei Giochi divisa fra Roma e Milano, fingendo di ignorare che il Comitato olimpico internazionale ha detto che le Olimpiadi devono avere per sede una città sola. Poi è passato al baratto: lasciamo le Olimpiadi a Roma in cambio di una Città dello Sport a Milano. Una sorta di risarcimento. Cosicché la spesa, fra impianti milanesi e impianti romani, raddoppierebbe e per di più la realizzazione di nuove strutture sportive a Milano, che ne ha un gran bisogno, sarebbe condizionata a un successo di Roma, al quale non potrebbe in alcun modo contribuire. Non è così che si fa: un sindaco le battaglie per la sua città, se ci crede, le combatte a viso aperto. Se non ci crede lo dice altrettanto apertamente. Ma a Pisapia i grandi eventi internazionali per lanciare l'immagine della città non interessano. Tutta la sua politica, a base di biciclette e lotta alle polveri sottili, è fondata su scelte minimaliste, roba da decrescita dolce.

E pensare che i suoi accusavano Letizia Moratti e prima Gabriele Albertini di modestia progettuale, di non avere «un sogno». Eppure l'Expo a Milano lo ha portato la Moratti e Albertini ha cambiato lo skyline della città. Cosa lascerà Pisapia?

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