Gravissime difficoltà, segnali contrastanti dagli indicatori del momento, ottimismo sulle prospettive. Un ottimismo - però - condizionato allo scioglimento di alcuni nodi strutturali che l'emergenza sanitaria ed economica ha ulteriormente evidenziato.
Di rischio di una «pandemia economica e sociale» parla Massimo Minelli, presidente di Confcooperative e della Alleanza cooperative lombarde, un mondo che conta 1,6 milioni di soci, 143mila occupati e un volume d'affari di 15,7 miliardi di euro e che ha appena firmato con Cgil, Cisl e Uil Lombardia un protocollo per promuovere lo sviluppo di «workers buyout» e la cooperazione come risposta ai bisogni del lavoro. Vede una situazione potenzialmente «esplosiva», Minelli, nel momento in cui ci si avvicina un passaggio critico che i mondi del lavoro e del sindacato temono e cercano di spostare in avanti, ma che non potrà essere rinviato all'infinito: la fine del blocco dei licenziamenti e il ritorno alle normali dinamiche di mercato.
Da qui l'esigenza di strumenti nuovi per affrontare questo passaggio, mettendo fra parentesi l'emergenza sociale determinata da pandemia e lockdown. «Non ci arrendiamo di certo - spiega Minelli - e continuiamo a mettere a punto strumenti che possano rigenerare le imprese che rischiano di non farcela, o che non sono più grado di sostenere la sfida dell'innovazione e della competitività».
Queste difficoltà, soprattutto in alcuni settori, sono molto diffuse. Ieri Assolombarda ha reso noti i dati contenuti nel booklet Economia, curato del suo Centro Studi e pubblicato su «Genio & Impresa». Questi dati descrivono un «rimbalzo» rispetto a un 2020 nerissimo. La produzione manifatturiera in Lombardia - si legge - cresce di più rispetto a quella italiana, e prosegue anche ad aprile l'aumento della fiducia delle imprese manifatturiere del Nord Ovest, crescono infatti aspettative di produzione e ordini sia per il mercato interno che per quello estero. Ma risulta invece in forte calo l'occupazione dei giovani, che si traduce in parte in disoccupazione e soprattutto ingrossa le fila di coloro che non solo non lavorano, ma non sono neanche impegnato in un percorso formativo o di studio.
Ed è proprio la formazione, per Minelli, una delle chiavi che consentono di aprire scenari meno foschi per l'occupazione e la produttività, riducendo al minimo quei casi di corto-circuito in cui i lavatori non trovano posto e le aziende non riescono a reperire le professionalità necessarie. «Continuiamo a non collegare formazione e produzione - spiega il presidente - creiamo scollegamenti invece che collegamenti, ed è demenziale; finché produrremo ciò che non viene richiesto sarà così, basti pensare a quanto accaduto nell'agricoltura lo scorso anno. Eppure mi sento di scommettere che a Milano non c'è la cultura dello sto a casa e prendo il sussidio, e proprio che se Atm non trova figure adeguate il problema sia di formazione». «Io - prosegue - non credo che l'istruzione sia un bieco passaggio di competenze, ma abbiamo bisogno di persone che vengano formate adeguatamente, soprattutto i giovani, penso alle lingue per esempio, almeno due, tre con il linguaggio dell'informatica».
Minelli chiede una task-force e un tavolo alla Regione. Il mondo della cooperazione, come detto, ha firmato con i sindacati l'accordo per promuovere lo sviluppo di «workers buyout» (imprese rigenerate dai lavoratori) come risposta ai bisogni del lavoro, sfruttando l'opportunità, creata dal governo, di una riattivazione della Legge Marcora con nuovi fondi.
C'è da rimboccarsi le maniche, ma Milano e la Lombardia possono farcela. «La forza di una comunità - osserva - dipende dalle qualità delle persone, a tutti i livelli, anche nelle imprese. Dipende dalla qualità e delle competenze con cui tutta la classe dirigente saprà mettersi in gioco».
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