Rubavano auto e ne smontavano sessanta al mese per vendere pezzi

Smantellavano sessanta auto rubate al mese e rivendevano i pezzi in nero, con la complicità del titolare di una rivendita di pezzi di ricambio di Muggiò (Monza). Un giro d'affari per centinaia di migliaia di euro, scoperto grazie ad un'indagine dei carabinieri della Compagnia di Desio, che ieri mattina hanno arrestato cinque persone per ricettazione e riciclaggio. Motori, scocche, sportelli, gruppi ottici, cruscotti, pneumatici, componentistica elettronica e navigatori satellitari, tutti catalogati, erano stipati in un capannone alla periferia del comune brianzolo, in attesa di essere rivenduti in nero in un regolare rivenditore di pezzi di ricambio sempre a Muggiò. I pezzi, però, provenivano tutti da auto rubate.
Ma in meno di una settimana, tra appostamenti e attività tecnica, i militari sono riusciti a ricostruire il giro di rivendita illegale. Il tutto avveniva, come in una catena di montaggio, all'interno di un grande capannone industriale trasformato in officina. Quattro delle cinque persone arrestate, una volta messo mano sulle auto rubate, le smantellavano nel giro di un paio d'ore. Ogni singolo pezzo veniva accatastato nel suo settore e poi rivenduto al pubblico compiacente attraverso un negozio di pezzi di ricambio, con regolare licenza, gestito dal quinto arrestato nel centro di Muggiò. Gli appartenenti al gruppo criminale, quattro italiani ed un albanese, sono stati arrestati ieri mattina. Durante il blitz sono scattate anche perquisizioni ed ulteriori verifiche, dalle quali sono emersi sette box al cui interno venivano custoditi pezzi di ricambio di varie case automobilistiche, anche queste da immettere sul mercato parallelo del commercio illegale.

Nel magazzino del rivenditore complice del giro di ricettazione e riciclaggio, sequestrato al termine della perquisizione, sono stati altresì individuati pezzi di ricambio senza alcuna bolla di accompagnamento che ne testimoni la provenienza. Il giro d'affari, stimano in centinaia di migliaia di euro, si avvaleva quasi certamente di “topi d'auto”, su cui sono in corso ulteriori indagini.

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