Molti elementi di allarme, una raffica di provvedimenti, tanti indicatori in attesa dei prossimi eventi prima di essere interpretati per formulare una vera e propria analisi criminale e quindi agire di conseguenza. Innanzitutto 14 ragazzi - 11 maggiorenni e tre minori, tra i cui i rapper milanesi 19enni Neima Ezza, al secolo Amine Ezzaroui insieme al collega Baby Gang, vero nome Zaccaria Mohuib e al pluripregiudicato novarese Zefe, nome d'arte di Kazir Siffedine e che durante la guerriglia urbana brandiva minaccioso un machete contro gli agenti - perquisiti ieri all'alba tra San Siro, Baggio e Novara e indagati tutti in concorso per manifestazione non preavvisata, violenza e resistenza a pubblico ufficiale aggravate. Quindi il questore Giuseppe Petronzi che non esita a metterci la faccia, definisce la guerriglia di una settimana fa in piazzale Selinunte «episodio inquietante» e pur precisando che «non si tratta ancora di un fenomeno» ammette che «potrebbe essere premonitore di altro» e infine sottolinea che «quello che è successo sabato non si deve consentire e non deve ripetersi».
Seguono a ruota uno spiegamento di forze (e specialità) come se ne vedono di rado anche a Milano: investigatori della squadra mobile, della Digos, agenti delle «Volanti», del Reparto Mobile, personale della Scientifica e della Divisione anticrimine, della Polizia Postale, dei commissariati Bonola e Sempione, con decreti emessi dal sostituto procuratore Alberto Nobili, coordinatore del pool antiterrorismo della Procura con il pm Leonardo Lesti e da Ciro Cascone, procuratore presso il Tribunale per i Minorenni. Seguono a ruota uno spiegamento di forze (e specialità) come se ne vedono di rado anche a Milano: investigatori della squadra mobile, della Digos, agenti delle «Volanti», del Reparto Mobile, personale della Scientifica e della Divisione anticrimine, della Polizia Postale, dei commissariati Bonola e Sempione, con decreti emessi dal sostituto procuratore Alberto Nobili, coordinatore del pool antiterrorismo della Procura con il pm Leonardo Lesti e da Ciro Cascone, procuratore presso il Tribunale per i Minorenni. E infine il dirigente della Digos Vittorio d'Onofrio che parla senza mezzi termini di «una situazione che ci è esplosa in mano», quando trecento ragazzi e qualche decina di agenti nel pomeriggio di sabato 10 aprile si sono fronteggiati a San Siro a colpi di bottigliette e lacrimogeni. Sì, la polizia era stata avvertita dai residenti che molti giovani stavano partecipando a un video del rapper di origine magrebina Neima Ezza (che proprio ieri ha pubblicato il suo ultimo singolo). Ma tanta «rabbia», come la chiama Petronzi, proprio non era prevista. Per questo in via Fatebenefratelli, dove di solito preferiscono prevenire che curare, alzano steccati e analizzano a fondo la situazione. Mentre sempre ieri l'Anticrimine ha notificato anche sei provvedimenti di prevenzione a cinque di questi giovani perquisiti, tutti tra i 18 e i 27 anni, che hanno ricevuto l'avviso orale del questore e per un altro 20enne residente a Sondrio è scattato il foglio di via obbligatorio: non potrà rientrare a Milano per tre anni. Al vaglio, per altri quattro ragazzi tra i 18 e i 25 anni, la proposta di sorveglianza speciale di pubblica sicurezza in virtù della loro «pericolosità sociale».
«Ci tengo a sottolineare con forza che non vogliamo criminalizzare l'ambiente musicale ma notiamo delle ripetizioni di atti violenti legati a questo mondo e quando c'è una ripetizione può diventare pericoloso» insiste ancora Giuseppe Petronzi. Quindi il questore punta il dito contro il rapper con il machete, Sefe, residente a Novara (e che, tra l'altro, visto le regole contro la diffusione della pandemia, a Milano non avrebbe proprio dovuto esserci) spiegando quali sono gli interrogativi che si pone insieme ai suoi uomini: «La scenografia della musica è solo quello che è o copre altro? Quella di sabato è almeno la sesta attività che svolgiamo contro episodi di esuberanza: la situazione inizia a essere preoccupante».
In questo contesto gli investigatori della Mobile guidati da Marco Calì insieme alle squadre investigative dei commissariati Bonola e Sempione hanno scoperto che del gruppo impegnato nel video di Neima Ezza, a cui sono seguiti gli scontri di sabato, facevano parte anche alcuni dei quattro quindicenni posti in comunità perché ritenuti responsabili di sei rapine, una tentata estorsione, furto, minacce e due aggressioni ai danni di alcuni loro coetanei.
I minori erano presenti sui social con account in cui rivendicano l'appartenenza al quartiere San Siro e si proponevano con profili violenti dove mostravano comportamenti da veri boss, sullo stile di «Gomorra» e da «bimbi soldato». I quattro agivano in concorso con altri minori non imputabili, alcuni identificati.
Le indagini hanno ricostruito la dinamica delle sei rapine messe a segno tra settembre 2020 e febbraio nei pressi di Citylife e piazzale Giulio Cesare, di un furto di bicicletta nel gennaio di quest'anno collegato al tentativo di estorsione e di una delle rapine avvenuta nel parco Massena, vicino a corso Sempione.
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